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di Martina Costa

Il 2025 sarà l'anno che vedrà protagonista la città di Agrigento, insignita del titolo "Capitale della Cultura Italiana".
Ed è proprio in questi luoghi dell'agrigentino che viene ambientata la storia di Carlotta Cangialosi, protagonista del romanzo del momento, che ha già venduto oltre 100 mila copie, rimanendo in testa alle classifiche italiane per settimane. Edito Bompiani, 2024, opera prima dell'autrice siciliana Milena Palminteri.
Carlotta è una donna che ha bisogno di risposte. Vissuta con una madre che non le ha mai dimostrato un sincero e autentico amore materno, e con un padre che mai ha potuto conoscere poiché morto nella notte in cui lei veniva al mondo, Carlotta ha sempre portato con sé la sensazione di non essere mai stata accettata.
Tutto si scombussola, -per poi diventare certezza-, quando, nell'ufficio dove Carlotta lavora, trova un documento che appartiene alla sua famiglia. Dubbi, tanti perché, incomprensioni che si aggrovigliano tra i pensieri della protagonista. E una domanda che le assilla il sonno: «Io chi sono VERAMENTE?».
Esordio eccezionale della Palminteri che con una scrittura, non vi nego in salita, a tratti tormentata, "partorisce" (il mio termine non è utilizzato a caso, chi ha letto o leggerà il libro capirà...) un romanzo che racconta una, e tante, storie di donne determinate e forti, sullo sfondo di Sarraca, un luogo che si agita insieme alle guerre che avanzano sull'Italia del tempo e la mafia che soggioga famiglie e proprietà.

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Nadina e Sabedda, figure chiave dell' intero racconto, sono le donne "dell'arancio amaro". Quello dell'arancio amaro è un arbusto che dà frutti dal sapore pungente, ma fecondissimo, su cui vengono innestati i dolcissimi sanguinelli. In questo romanzo simboleggia il corpo femminile, dolce e amaro insieme, in grado di generare ma, molto spesso, vittima di sottomissione e abusi. Saranno proprio Nadina e Sabedda il trait d'union che condurrà alla scoperta della verità. Non certo facile, subito non accettata, ma fortemente desiderata da Carlotta.
Non meno importante -anzi, credo si tratti di una scelta stilistica davvero significativa-, è la ricostruzione linguistica dialettale presente in tutto il romanzo.
Non dimentichiamo l'importanza che il dialetto ricopre nella tradizione linguistica italiana: è nel dialetto che conserviamo la nostra cultura e la nostra identità, ed esso dovrebbe essere sempre difeso e valorizzato. Il nostro parlato, la nostra patina dialettale sarà in noi e con noi, ovunque andassimo.
Vi racconto un aneddoto: un giorno, scambiando qualche audio Whatsapp con i miei colleghi universitari, provenienti da ogni parte d'Italia, uno di loro, in risposta, mi scrisse: «Da quale parte del messinese vieni?». Io sorrisi e mi tornò in mente quel decimo canto dell'Inferno dantesco, dove Farinata degli Uberti incontra Dante e lo riconosce dalla sua parlata: «La tua loquela ti fa manifesto di quella nobil patria natio, a la quale forse fui troppo molesto».

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