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di Peter Tesoriero

Egregio dottore Leone, 

Ho letto le risposte dei numerosi sostenitori di Derek e Jehnny (scusatemi ma non conosco i loro cognomi). Da tutti gli indizi, sembra essere chiarissimo che si tratti di un abuso non solo delle leggi, ma anche dei diritti degli altri proprietari della vicinanza. Le difese sono basate sull’unico fatto (che non vorrei negare) che questi due signori sono persone simpaticissime, belle, perfino adorabili. Forse ricorderete un bellissimo film “Il processo di Frine” (1951), con una memorabile interpretazione di Vittorio De Sica, avvocato di Gina Lollobrigida imputata per aver ucciso la suocera. L’avvocato ammette che la sua cliente è chiaramente colpevole, ma poi, con una strepitosa arringa, fa assolvere la bellissima popolana solo perché dotata di una bellezza mozzafiato. 

(Il film si trova anche su YouTube  https://www.youtube.com/watch?v=3rkxU9VZCiE

A tutti questi difensori vorrei porgere una domanda. Fate parte di una società dove ci sono regole e norme di legge? Siete nell'Italia del ventunesimo secolo o siete davanti all’Areopago di Atene intorno alla metà del IV secolo a.C.?

Se mi permette, Dottore, vorrei continuare in lingua inglese non solo perché non sono un Vladimir Nabokov, capace di scrivere ugualmente bene in due lingue, ma cosicché anche i miei numerosi parenti Australiani, Derek e Jeheny, John Kaisner, i loro amici, i loro sostenitori e i loro clienti che vengono dall’estero a visitare la loro “Villa Libertà”, potranno capire meglio le mie risposte dettagliate. 

Our ancestors were among the original settlers who came to Panarea from Lipari. We trace our origins back as far as the siege of 1544 and beyond. No one should be heard to suggest that we should not have a voice when it comes to expressing an opinion about what is our legitimate patrimony.

L'INTERVENTO

Caro direttore,

il professore Peter Tesoriero, con le sue comunicazioni al Notiziario delle Eolie, é rientrato con la sua storia che parte da lontano sia come provenienza che come epoca dei tempi che sembrano perduti ma archeologicamente simil-presenti. La dolcezza della documentazione, arrivata dall'Australia, lascia sottoindicare e sottoscrivere una verità trasformata in modo diverso in realtà. La lingua inglese, a prima vista, comanda la cronaca. Ma l'ottimo lavoro della professoressa Lina Paola Costa riporta una traduzione di fedeltà che andrebbe subito accoppiata alla coppia Derek e Jehnny, moderni o antichi ripristinatori di luoghi con vincoli storico-sociali godibili a terzi in un giro comunitario. Non il torto o la ragione intriga il lettore del Notiziario, ma la voglia di riportare alla luce, magari di candela, quello che lasciò una storica famiglia di emigranti di Panarea e la voglia di sapere come, chi e perché si arriva ad oggi con una certa impaginazione che pochi eoliani residenti conoscevano, conoscono e conosceranno. Nel tutto sotto il sole o sotto la luna, dentro una sfera di territorio mappato e mai attentamente osservato, c'é un flusso magnetico che attraversa tutte le Eolie. Non solo quel pezzo archeologico di Capo Milazzese dove le pietre parlano inglese e non possono più rotolare verso il mare per risalire sotto forma di anime preistoriche. Alla ricerca di nuovi poli attrattivi per sconfiggere il web che taglia i confini dell'attualità per sagomarli ad immagine e somiglianza del silenzio della notte e del giorno. Alle Eolie mancava anche questo. Grazie a tutti!

Lettera firmata

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Per la lettera completa in inglese cliccare nel link che segue: 

di Peter Tesoriero to Bartolino Leone.pdf

Per la lettera in italiano cliccare nel link leggi tutto

Per la traduzione si ringrazia la professoressa Lina Paola Costa

NOTIZIARIOEOLIE.IT 19 FEBBRAIO 2018

LE NOTIZIE DEL NOSTRO GIORNALE ONLINE FANNO IL GIRO D'ITALIA. Da Sydney in linea Peter Tesoriero. "Graduale sviluppo clandestino...". I commenti, le reazioni nel web ed il Punto e Virgola

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Egregio dottore Leone,

Ho letto le risposte dei numerosi sostenitori di Derek e Jehnny (scusatemi ma non conosco i loro cognomi). Da tutti gli indizi, sembra essere chiarissimo che si tratti di un abuso non solo delle leggi, ma anche dei diritti degli altri proprietari della vicinanza. Le difese sono basate sull’unico fatto (che non vorrei negare) che questi due signori sono persone simpaticissime, belle, perfino adorabili. Forse ricorderete un bellissimo film “Il processo di Frine” (1951), con una memorabile interpretazione di Vittorio De Sica, avvocato di Gina Lollobrigida imputata per aver ucciso la suocera. L’avvocato ammette che la sua cliente è chiaramente colpevole, ma poi, con una strepitosa arringa, fa assolvere la bellissima popolana solo perché dotata di una bellezza mozzafiato.

(Il film si trova anche su YouTube  https://www.youtube.com/watch?v=3rkxU9VZCiE)

A tutti questi difensori vorrei porgere una domanda.

Fate parte di una società dove ci sono regole e norme di legge? Siete nell'Italia del ventunesimo secolo o siete davanti all’Areopago di Atene intorno alla metà del IV secolo a.C.?

Se mi permette, Dottore, vorrei continuare in lingua inglese non solo perché non sono un Vladimir Nabokov, capace di scrivere ugualmente bene in due lingue, ma così che anche i miei numerosi parenti Australiani, Derek e Jehnny, John Kaisner, i loro amici, i loro sostenitori e i loro clienti che vengono dall’estero a visitare la loro “Villa Libertà”, potranno capire meglio le mie risposte dettagliate. (Testo iniziale originale in italiano, NdT)

 parte originale in inglese (NdT)

Traduzione

I nostri antenati furono tra i primi ad insediarsi a Panarea provenendo da Lipari. Le nostre origini risalgono a prima del 1544, se non oltre. Nessuno dovrebbe pensare di toglierci il diritto di avere voce  quando ci accingiamo a formulare opinioni che riguardino il nostro legittimo patrimonio.

Il mio interesse personale per le scoperte archeologiche del “Milazzese” ebbe inizio circa sessant’anni fa e non si è mai affievolito.

Ho nutrito il massimo rispetto per tutti gli studiosi che hanno contribuito alla conoscenza della cultura e della storia delle Isole Eolie. Siamo altresì fortunati nel beneficiare delle iniziative condotte dal Centro Studi e da coloro che vi collaborano. In particolare, dobbiamo tributare il più alto grado di rispetto al lavoro svolto da Luigi Bernabò Brea e Madeleine Cavalier per ricercare e documentare le scoperte sulla civiltà del Milazzese. Non vi è dubbio che potrebbero ancora essere scoperti ulteriori manufatti e tracce della vita e della cultura della gente che abitò questo luogo migliaia di anni fa. 

Vi ho scritto su questioni emergenti che riguardano il degrado del patrimonio culturale di questo sito. L’ho fatto non solo in qualità di cittadino italiano, quale sono, ma anche come soggetto che vivendo oltreoceano, è interessato da privato cittadino all’esercizio del controllo e alla verifica delle  autorizzazioni verso coloro che vanno a modificare ostinatamente il territorio, in un’area che dovrebbe essere invece sottoposta al controllo e alla supervisione della pubblica autorità.

Vado a riportare alcuni dei commenti pubblicati in riferimento alla mia lettera.

Paragonando Derek a me, Lorenzo Vielmo ha scritto: «Noi di Panarea crediamo con forza che lui (Derek, NdT) sia meno straniero quanto non sia lei (Peter, NdT)».

Per citare Dogberry, personaggio comico in “Molto Rumore per Nulla” di Shakespeare, «i paragoni  fanno odore».

Persino l’abitante più venale di Panarea comprende che i dollari forestieri dei “Panaridisi” della diaspora valgono molto di più di quelli dei turisti occasionali. Noi non siamo forestieri. Abbiamo l’abitudine di tornare e tornare più volte. Due dei miei bisnonni sono sepolti in quel cimitero. IMG_444 Un altro bisnonno, che morì prima dell’epidemia di spagnola del 1919, giace sepolto  sotto la navata della vecchia chiesa. Che le piaccia o meno, signor Vielmo, i nostri figli e i nipoti continueranno a tornare a visitare l’isola dei loro antenati.

Dogberry aveva ragione: il suo paragone puzza.

Sotto riporto una foto di parte del Foglio 18 – Sezione Panarea.

Rappresenta la stessa area che ho fotografato tramite le immagini satellitari di Google Earth. IMG_8808% Le particelle 130 e 131, e le più ampie particelle libere adiacenti, appartengono alla nostra estesa famiglia.

Le strutture presenti nelle particelle 130 e 131 sono ruderi cadenti. Quei ruderi non dovrebbero avere valore commerciale per quasiasi persona onesta e rispettosa dello spirito della normative, che impedisce di costruire in un’area archeologica riconosciuta come patrimonio culturale.

Occorre ricordare che al tempo in cui tali strutture furono edificate, centocinquant’anni fa o forse più, nessuno conosceva l’importanza archeologica di quell’area.

E inoltre, come sanno i tuoi lettori, i proprietari delle particelle 130 e 131 sono così consapevoli dell’importanza del Milazzese, che la maggior parte di essi oggi concorda sul fatto che il miglior modo per prevenire il “restauro” di qualcuno, a proprio uso e piacimento, sia donare l’area ad un’organizzazione responsabile e capace di proteggere il contesto.

I ruderi sulla nostra terra e il piccolo rudere inagibile della particella 417 sono le due sole strutture reperibili nell’area del Milazzese.

L’evidenza  fondamentale che ora emerge, da quando ho scritto la prima volta, non lascia alcun dubbio che quello che era un rudere nella particella 417 (misura meno di 2m x 3m) è stato gradualmente ingrandito e trasformato in abitazione, che l’area circostante è stata sviluppata senza alcuna legittimità, anzi con modalità che violano questo prezioso sito archeologico.

È stato detto ai tuoi lettori che siamo pronti a donare i nostril beni ad un’organizzazione in grado di proteggere l’area, come il FAI - Fondo Ambiente Italiano. Noi non cerchiamo guadagno, ma vogliamo essere sicuri che la proprietà vada e sia controllata da un Ente che non permetta che i ruderi siano sfruttati per scopi residenziali. Non ci fermeremo se non si farà qualcosa per arrestare la trasformazione, l’uso e l’occupazione illecita di altre parti del Milazzese.

Ho letto con attezione i commenti dei numerosi sostenitori dei proprietari della cosiddetta “Villa Libertà”. Ciò che hanno dichiarato mi ha condotto a fare un’indagine su quanto è stato selvaggiamente affermato attraverso i social media. Il dato tangibile rispetto a quanto si è portato avanti dal 2002 è venuto alla luce.

Uno dei commenti sui social media vale per tutti:«Si può stare con una coppia che abita in “Villa Libertà”, la loro casa autosufficiente che hanno costruito su quest’isola».

Un altro diceva: «Ci sono voluti degli anni per costruire, ma ora sono lì a tempo pieno. Sono due grandi. Lui è comandante di yacht».

Vuotato il sacco, i proprietari - attraverso le orchestrate suppliche dei loro amici - stanno ora cercando di proteggere se stessi dalle inevitabili conseguenze di ciò che non può più essere tralasciato dalle autorità. I commenti dei sostenitori si apparentano alle dichiarazioni false e mendaci, note ai logici come “implorazioni speciali”, ossia un tentativo di trattare qualcosa come eccezione rispetto all’obbligo di condividere le regole, senza porgere giustificazione sul perché doveva considerarsi l’eccezione.

Nel ventunesimo secolo viviamo in un mondo di società basate sul rispetto delle regole. Gli antichi Greci - diversamente dai Romani - non avevano un sistema di leggi basate sulle regole. Gli oratori ponevano il loro caso ai cittadini, i quali votavano su un verdetto.

Ecco il perché ho cominciato in Italiano richiamando lo short movie “The Trial of Phryne”. (https://www.youtube.com/watch?v=3rkxU9VZCiE) tradotto come “Il processo di Frine” (NdT).

Le suppliche di questi amici rappresentano un coro di amorevoli preghiere per due sinceri ed entusiasti innamorati della natura, fermamente convinti che quanto fanno sia positivo, non solo per gli isolani ma l’intero genere umano. Si argomenta che il Comune di Panarea (sic) dovrebbe non solo condonare quanto fatto, ma incoraggiarlo come valido contributo alla comunità.

In fondo queste sono due persone mosse da sollecitudine, amabili, belle e - proprio come Frine – dovrebbero essere assolte da ogni colpa pur avendo infranto la legge.

I sostenitori della “micro fattoria” chiamata Villa Libertà dichiarano che Jehnny e Derek siano tornati ai metodi agricoli praticati dai miei avi. Nulla di più distante dalla verità.

La conduzione agricola tradizionale dei nostri antenati non è affatto comparabile allo sfruttamento della terra di Villa Libertà. Ancor di più, non vi era alcuna attività di pascolo a Panarea.

Mio padre rammenta che quando era ragazzo i terrazzamenti sostenuti da muretti a secco – che sarebbero durati per generazioni – erano occupati da coltivazioni intensive. Non c’erano animali al pascolo.

Quando al calar del sole era tempo di mettersi la zappa in spalla e avviarsi verso casa, potevi tagliare un po’ di erba e legarla per farne un fascio da portarsi dietro per nutrire qualche coniglio nel recinto domestico o forse – molto raramente – una capretta tenuta legata.

Leopardi ha immortalato queste abitudini nei versi inizali (de “Il sabato del villaggio”, NdT):

“La donzelletta vien dalla campagna,
In sul calar del sole,
Col suo fascio dell'erba;…”

La nostra non era la civiltà pastorale, tipico patrimonio del mondo di lingua anglosassone.

A Panarea i nostri antenati non sprecavano risorse, convertendo proteine vegetali in proteine animali con la pratica del pascolo libero.

I nostri attuali ruderi, nell’area del Milazzese, avevano una tradizionale cisterna sotterranea, usata per raccogliere e conservare la preziosa acqua che sarebbe servita a irrigare i campi circostanti le loro terre. Coltivavano lì frutta e ortaggi e - soprattutto - piantavano preziose colture di orzo.

Il pane d’orzo era il loro cibo di base.

Da lì ricavavano iI “panecaliatu” che durava per settimane senza ammuffire.

Erano contadini veri, che sperimentavano la sussistenza con pratiche collaudate, non rifugiati dalla città che per gioco adottano tecniche opzionali tratte da riviste patinate. I prodotti di questo pezzo di terra, e le proteine dei frutti di mare, tennero in vita mia zia Angelina Tesoriero in Natoli con i suoi due bambini, salvandoli dalla carestia durante i giorni bui della seconda guerra mondiale.

Per fortuna quel tempo è lontano e non vi è altra necessità di tornare a coltivare l’area del Milazzese.

Qui in Australia non sono avulso dall’hobby dell’agricoltura e dell’allevamento. Io e la mia famiglia per quarant’anni abbiamo goduto di questo stile di vita durante le vacanze: si vedano le foto allegate che raccontano l’immensa gioia mia a dei miei figli - oggi quarantenni – al lido di Macmasters.

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Ma ogni cosa appartiene al suo proprio luogo. Sia io che i miei figli siamo stati dissuasi dall’andare a cavallo sui sentieri nel vicino “Bouddi National Park” perché - come ci hanno spiegato i Rangers - gli escrementi dei cavalli contengono semi di piante esotiche che alterano la flora autoctona. Un parco naturale non è il luogo dove andare con gli animali da fattoria nel tempo libero. Un sito archeologico patrimonio culturale non è luogo per praticare l’hobby dell’allevamento di animali da fattoria.

Ho incontrato Derek solo una volta, dopo che si era presentato svelando che aveva acqusitato la particella 417. Non ho mai conosciuto Jehnny ma ho potuto guardare lei e Derek nei filmati di You tube, in cui parlano a lungo di se stessi.

Non conosco i loro cognomi e non sono inglesi.

Derek è sudafricano, Jehnny è venezuelana: dall’accento su Youtube si percepisce che non è di madrelingua inglese.

Per un attimo ho pensato che il nome Derek evochi origini scozzesi o forse no.

Ma pensando alla Scozia mi torna in mente Skara Brae, villaggio preistorico sull’isola più grande delle isole Orcadi. Formato da un agglomerato di otto case, fu abitato dal 3180 a.C. circa fino al 2500 a.C.; nonostante la durezza del clima a quelle latitudini, il sito è ben tenuto, visitato ogni anno da molti turisti.

Una fattoria come “Villa Libertà” nei pressi di un sito archeologico sarebbe inconcepibile per i cittadini britannici.

John Kaisner ha pubblicato il seguente messaggio sul proprio sito web il 19 febbraio 2018: “Villa Libertà è stata create dai miei amici Derek e Jehnny”. “Di recente il luogo è stato sottoposto ad analisi minuziosa” (si sta ovviamente riferendo alla mia lettera, in italiano, al “Notiziario delle Isole Eolie”), “questo li ha spinti a chiedermi di scrivere una lettera a loro favore. Erano compiaicuti dei contenuti, e suggerirono che poteva essere utile diffondere il messaggio su una piattaforma più vasta del giornale locale

Da quel post è chiaro come Derek e Jehnny abbiano compreso l’importanza di occupare sempre maggiori spazi nel mondo social del web, utilizzando la lingua inglese per comunicare con utenti più numerosi di quanti possano essere i lettori del “Notiziario delle Isole Eolie”.

Possiamo solo dedurre che i commenti dei sostenitori che si leggono sul “Notiziario delle Isole Eolie” sono suggeriti da Derek e Jehnny, così come possiamo annoverare fra tali sostenitori anche il ruolo di John Kaisner. Non vi è alcun dubbio per chi mette in relazione tale intervento con la pubblicazione della mia prima lettera. Dietro i commenti sui media italiani c’è una chiara manipolazione poiché sembra che siano tutti fiduciosi nel fatto che la loro conversazione virtuale, in inglese, non sia recepita dal pubblico eoliano che legge in italiano. La cosa buffa è che questi soggetti si autodefiniscono meno stranieri di me ma comunichino poi online esclusivamente in inglese.

Questi messaggi purtroppo si pongono spesso oltre i termini di condivisibilità e coinvolgimento delle persone i cui interessi sono in ballo, ovvero le autorità di lingua italiana e la gente che esse rappresentano. Urge che voi e i vostri lettori poniate sotto i riflettori e ascoltiate con medesima attenzione tutta la pubblicità su “Villa Libertà” reperibile sui social media, il che richiede sì la conoscenza dell’inglese ma è di vitale importanza che gli abitanti delle Eolie ne siano consapevoli.

Esistono molti link, eccone alcuni esempi:

https://viaggineisogni.wordpress.com/2014/04/21/lisola-di-panarea/

https://www.youtube.com/watch?v=4oov5vQ2ahQ

Villa Liberta, Panarea Italy on Instagram: “This morning Surprise :) at ...

https://www.instagram.com/p/BJU6fuEBPuR/

https://www.youtube.com/watch?v=6QwOn4VR6i4

Villa Liberta, Panarea Italy (@villaliberta) • Instagram photos and videos

http://tramed.blogspot.com/2004/11/pa...

https://euonlyliveonceblog.wordpress.com/2017/03/30/panarea/

    https://pansta.net/PandaUserMedia/42591709

    http://helpx.net/host.asp?hostID=17546&network=3

Nella lunga intervista in video di John Kaisner con Derek e Jehnny, pubblicata su YouTube, e nei commenti che ne sono seguiti, tutti parlano incessantemente della “comunità” e dell’importanza della “partecipazione comunitaria”. I proprietari di questo business (perché tale esso è) sono riusciti a radunare una forza lavoro di alcuni giovani che hanno inteso lavorare devotamente per loro in cambio di null’altro che cibo, un tetto e del buon tempo da trascorrere insieme.

Il supporto di questa sorta di “comunità non retribuita” è il fattore vitale per lo sviluppo e l’incremento di un cespite in cui – paradossalmente - la “comunità” non ha interessi legali. Tutti i frutti del lavoro fluiscono al proprietario del cespite. I dettagli di questo sistema assomigliano strettamente al mutuo-scambio (HelpX) e benché non sia il denaro il metodo di ricompensa, in verità tutto alimenta un business finalizzato al profitto.

Ascoltate attentamente l’intervista di John Kaisner su YouTube: noterete che Jehnny parla dell’importanza di acquisire referenze, per selezionare coloro che vogliono lavorare e prendere parte alla “comunità”. La “comunità” che lavora non ha il permesso di sfuggire al suo controllo (di Jehnny, NdT). Mi chiedo se si rende conto che l’enfasi posta sulla selezione e il controllo del “giusto tipo di collaboratori” risuoni gravemente simile al potere di scomunicare gli eretici.

La definizione vaga di comunità ha interessanti parallelismi con altre comunità idealistiche del diciannovesimo secolo, per esempio gli zelanti socialisti utopisti che provarono a creare un nuovo mondo per se stessi in Paraguay. Il professor Marcello Saja - residente a Santa Marina Salina e lettore all’Università di Palermo - ha scritto un libro interessante sulla colonia paraguaiana di Socialisti Siciliani di Catania. Fu fondata in Paraguay una colonia simile di australiani socialisti, denominata “Colonia Nuova Australia”. E anche sul fallimento di queste comunità sono stati scritti alcuni libri.

Le comunità utopistiche paraguaiane hanno in comune con “Villa Libertà” una retorica di tipo idealistico, ma se ne distinguono.

A “Villa Libertà” esiste la percezione di far parte di una comunità, ma non di avere alcun diritto da esercitare. Se i componenti non sanno accettarne i criteri, possono arrivare ad essere allontanati dalla comunità. Non ci sono aree di rigore, né di recupero di mosse del passato.

Derek e Jehnny sono andati avanti creando la loro “Villa Libertà” attraverso il furbo sfruttamento dei networks e dei social media, in particolare l’uso del “Mutuoscambio (HelpX)”. Questo spiega come un solo uomo e sua moglie si mostrino come unici artefici di un così duro lavoro fisico, consistito nel costruire l’edificio e trasformare il territorio circostante, volgendolo in un qualcosa che agli occhi dell’intero mondo appaia come di loro esclusiva pertinenza.

Il flusso di lavoratori-ospiti reclutati da Derek e Jehnny mediante i social media, ha generato una rete di amici che fra loro stessi scambiano ospitalità a Villa Libertà. Sembrerebbe che tutto vada oltre il controllo “editoriale” di Derek e Jehnny, mentre è evidente che cosa sta succedendo al di là delle apparenze virtuali. I vostri lettori e le autorità dovrebbero tener conto dell’evidenza.

Se si considera che un lato del territorio che si vede è stato trasformato in una hobby-fattoria, è ragionevole chiedere a Derek di rivelare ai lettori quanto sia estesa la terra che veramente è di sua proprietà. Ovvero, faccia un semplice sforzo per indicare quali particelle veramente possiede in relazione alle mappe che io allego qui. Eccone una dell’intera contrada denominata “Milazzese”. IMG_880

Su una piccola isola nulla accade senza che si sappia. Durante una mia visita, molti anni fa, Derek venne a sapere chi fossi io e mi cercò per farmi una proposta. Si offrì di comprare la nostra proprietà. Mi disse che, essendo espatriata la nostra famiglia, correvamo il pericolo di perdere le nostre terre, tramite l’esercizio - da parte di persone prive di scrupolo – dell’usucapione (la legge che permette l’acquisizione legale di un bene del quale si è esercitato il possesso per un certo termine di tempo). Io ero ben consapevole di questo rischio e che alcuni nostri poderi sull’isola fossero stati impunemente acquisiti con questa modalità in contrada “Supa ‘a Salemma”. Derek dichiarò di aver comprato solo la struttura insistente al Milazzese, in particella 417. Mi disse di essere al corrente del divieto per legge di edificare al Milazzese ma che, d’altra parte, era autorizzato a sanare e ristrutturare quanto già esistente. “Fatta la legge, trovato l’inganno” potreste dire. Durante mezzo secolo molti mi hanno scritto, proponendomi di usare i nostri ruderi per giustificare la costruzione di strutture abitabili che avrebbero assunto il significato di restauro fedele di edifici preesistenti.

Nella video-intervista di John Kaisner, Derek descrive la difficoltà di costruire ed estendere il suo rudere. Dichiara anche come sia di vitale importanza poter dimostrare che le strutture originarie siano identificabili, benché nel suo caso emerge che non hanno fondamenta e possono smottare al primo sfiorarle. 

Alcuni anni dopo il mio incontro con Derek, uno dei miei cugini, che non parlava italiano, visitò i nostri ruderi e Derek tentò di raggiungerlo per aprire un dialogo. Questo cugino è mio omonimo, cosa non così straordinaria come invece può sembrare. Nell’ottavo volume del suo “Die Liparischen Inseln” l’Arciduca Luigi Salvatore annota che nel 1890 la popolazione di Panarea contava 543 anime ed il cognome predominante era Tesoriero. (È interessante anche notare che la particella n° 147 apparteneva in origine ad un altro Tesoriero, il quale comprese che avrebbe perso ogni valore senza alcun acquirente rispettoso della legge e decise quindi di donare la particella stessa ad un altro Tesoriero con lo stesso nome di battesimo), il quale poi la vendette a Derek.

Noi Tesoriero, sia a Panarea che dopo la diaspora, usiamo inevitabilmente la risorsa del nickname, detto ‘nciuria. Così, per evitare confusione, io parlo di me stesso come “Peter Cremorne” e del cugino Peter Tesoriero come “Peter Turramurra”.

Derek e Jehnny ebbero trattative con Peter Turramurra, facendo varie proposte per un certo periodo di tempo. Serbo copia di tali email. Chiara testimonianza di cosa volessero convincerci a fare. Peter Turramurra prese in considerazione le proposte e poi mise in circolazione tali lunghe email a tutti i parenti, incluso me. Ne furono vagliate alcune, ma erano irricevibili. Una di queste prevedeva di riconoscere a Derek e Jehnny il permesso di “restaurare” i nostri edifici a nostre spese, oppure condividendo le spese. Loro se ne “sarebbero presi cura” per noi, in modo che se o quando fossimo tornati a Panarea, sarebbe stato disponibile per nostro uso e abitazione.

Alcuni dei più giovani e romantici membri della famiglia si mostrarono sentimentalmente sensibili a questa impraticabile idea. Ci furono lunghissimi scambi di email fra tutta la famiglia, interessanti da leggere - se non si aveva altro da fare – che rivelavano molti aspetti della natura umana.

Una cosa non reggeva: a nessun membro della famiglia veniva detto come Derek e Jehnny avrebbero proceduto nella loro opera di restauro. Nessuno di noi sapeva alcunché sul modo ingegnoso in cui Derek e Jehnny avrebbero fatto lavorare tanta gente nella loro proprietà e nei terreni circostanti per così tanto tempo.

Nessuno di noi era a conoscenza del modo in cui si sarebbe operata la lenta trasformazione del Milazzese nel processo fuorviante e fantasioso condotto da Derek e Jehnny per realizzare una ecofattoria con allevamento di animali, gestita alla maniera di un libro illustrato per bambini.

Alcuni componenti della nostra famiglia furono catturati dalla promessa che la struttura sarebbe nella nostra proprietà sarebbe stata rimessa a posto “in fiducia”, con l’impiego di antiche tecniche di costruzione che avrebbero alimentato l’orgoglio della loro eredità culturale. Tentai di spiegare  che le rovine sottostanti avevano un valore significativo, riconosciuto da secoli. Come ha saggiamente rilevato il vostro commentatore Michele Sequenza, il loro primo sviluppo si profilò quando Michelangelo e Raffaello si interessarono alle rovine dell’antica Roma.

 (Il termine inglese “grottesche” deriva da una storpiatura dell’espressione “pitture grottesche” che emersero dalla scoperta della “Domus aurea” senza che se ne comprendesse l’entità. Ma questa è un’altra storia). Il dibattito controverso su cosa fare con le rovine di valore si delineò nel diciannovesimo secolo. Le magnifiche rovine medievali di Carcassone furono “restaurate”, a enormi spese del governo francese, da Eugene-Emmanuel Viollet-le-Duc.

In seguito, critici famosi come John Ruskin e  William Morris presero spunto dalla sua teoria su ciò che andava restaurato o meno. (John Kaisner ora abita in Sicilia. Mi chiedo se sa che a Palermo la Via Libertà - non Villa Libertà – deve il nome a  William Morris ed il suo stile “Liberty” in carte e tessuti. Ma quella è di nuovo un’altra storia.)

Ho detto quindo a parenti e amici che devono riflettere bene prima di decidere sul destino dei nostri umili ruderi. Ho detto loro che oggi nessuno restaurerebbe il Partenone o il Colosseo con il meotodo di restauro adottato dagli americani per il Portico di Attalo. Studiosi di chiara fama discutono ancora sui vari metodi di restauro. Aspre discussioni stanno determinandosi per decidere come preservare la baracca di legno lasciata in Antartide da Douglas Mawson. Una cosa è certa: se i miei parenti si son fatti un’idea di come hanno restaurato la cosiddetta “Villa Libertà”, e con quale tipo di disponibilità di forza lavoro, dovranno sentirisi sconvolti.

John Kaisner ha pubblicato sul proprio sito web la lettera inviata al Notiziario delle Isole Eolie, aggiungendo – a vantaggio dei network e dei social media – che il suo intervento scritto è stato richiesto da parte di Derek e Jehnny. Con l’uso delle piattaforme virtuali e dei network, i promotori di “Villa Libertà” raggiungono un pubblico più vasto dei lettori del Notiziario. Ho verificato anche che fanno ampio uso di Instagram, Facebook e Twitter.

Se ascoltate attentamente l’intervista con John Kaisner, noterete che Derek accentua l’importanza del ribadire la menzogna che “Villa Libertà” sia una costruzione “originale” che è stata “restaurata”. Lascio a voi e ai vostri lettori decidere liberamente quale sia la verità, osservando le immagini in rete a disposizione di tutti.

Eccone alcune.

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Un elemento di fastidio dedotto dalle foto sta nel riscontrare l’ovvio riciclo delle pietre degli antichi muretti a secco. La tradizione locale narra che un considerevole numero di muretti a secco di Panarea venne costruito nel diciannovesimo secolo dai detenuti napoletani che lavoravano per il Generale Vito Nunziante. Ma anche tralasciando questo dato, i muretti a secco hanno pregnanza storica e non vanno toccati. Aggiungo che Mr Francesco Rinauro viene da “Via Nunziante Stromboli”.

La citazione di Rinauro rimanda alla frase “Intorno al rudere sono state create delle zone di ombra, tutto con materiali di recupero” e attesta anche che sull’isola sono stati impiegati nuovi materiali fino al sito archeologico, non solo cemento. È dunque un falsità dimostrabile.

Basta dare uno sguardo alle foto e vedere le fughe in malta che corrono fra le pietre, corredate dalla diascalia “dentro la villa”: i moderni supporti verticali interni del tetto, persino le celle solari sul tetto (chiaramente visibili nelle immagini satellitari) sono la prova che i nuovi materiali sono stati usati e portati in loco usando l’elicottero. Il nuovo tetto, costruito con materiale moderno, è così robusto e resistente che si può organizzare una festa da ballo al chiaro di luna. (Vedere le foto).

Francesco Rinauro si presenta come comandante di yacht che, come Derek, guida yacht per turisti. È una genere di attività esclusiva, ma invia il messaggio sbagliato ai turisti che partecipano alle feste a Villa Libertà. Ai turisti devi dare mandare un messaggio di rispetto dei siti culturali. Indipendentemente dal fatto che a Villa Libertà ci si diverta, la mancanza di rispetto per un sito culturale lascia al turista una pessima impression dell’Italia e degli operatori turistici delle isole Eolie.

Francesco Rinauro di Via Nunziante Stromboli potrebbe essere anche interssato a sapere che il mio bisnonno Capitano Gaetano Famularo, nato nel 1848 a Stromboli, era proprietario – come suo padre prima di lui – di due “golette”, ovvero due velieri da commercio che furono protagonisti della nostra tradizione marinara.

La foto sotto è stata scattata pochi mesi fa, nel gennaio 2018. Eravamo all’ancora, a bordo del nostro yacht “Aeolus” nello splendido “Ku-ring-gai Chase National Park North” di Sydney. L’elenco  dei Parchi - National Heritage Listing of the Park – assicura protezione e godimento alle future generazioni tutelando i suoi paesaggi spettacolari, la sua ricca flora e l’unico esempio di fauna autoctona. Vi sono antiche rocce incise dagli abitanti indigeni che devono ancora essere scoperte del tutto e sono tutelate dai Rangers del Parco.

Se osservate la costa nella foto qui sotto noterete la presenza di molti blocchi di arenaria. Si vedono tumuli ricoperti di muschio che da vicino non si rivelano rocce, ma sono chiamati letamai.

(“middens”). Si sono formati in posti specifici dove per secoli o forse millenni gli abitanti di un luogo  si sono accovacciati per mangiare gli abbondanti molluschi che questo paradiso regalava. Sono testimonianze silenti, proprio come il villaggio del Milazzese, di come la gente di questo luogo viveva in età preistorica. Tracce rimaste intatte perché non viene consentito alcun intervento privato in un Parco Nazionale. Questo è la mia terra natia, che amo tanto quanto amo Panarea.

Nei primi tempi c’era un certo numero di strutture in quest’area, ma dopo che fu eletta a Parco, ogni struttura venne prima documentata per necessità storica, ma poi venne demolita. Il risultato è che il parco è tornato ad essere un deserto di incontaminata bellezza, raggiungibile solo via mare.

Lo splendore del luogo e l’isolamento incoraggiano le visite degli yacht da Sidney, coprendo una distanza di navigazione – da Sydney Heads a Broken Bay – maggiore di quella fra Porto Rosa e Panarea.

Nella loro saggezza, i legislatori si sono ostinati nel far demolire le poche strutture che gli europei avevano eretto entro il confine del parco naturale. Alla stessa maniera interventi come la cosiddetta “Villa Libertà” sono da eliminare senza indugio per ripristinare il contesto originario del Milazzese.IMG_837

Mi spiace dirlo, ma la pubblicità di John Kaisner su Villa Libertà è pura propaganda. Nondimeno è giustificabile, visto che raggiunge e condiziona una moltitudine di giovani maniponabili attraverso i social network, né si deve soprassedere sull’urgenza di contrastare l’attività stessa di Villa Libertà.

John Kaisner è un Americano che si definisce come precedente attore e architetto, e dal 2012, manager agricolo presso un ashram (luogo di ritiro e meditazione, NdT) a Kerala in India.

Nel 2018 a San Ramon in California ha conosciuto una donna dal carisma potente quanto controverso, che sul proprio sito web si autodefinisce “guida spirituale” e su di lui esercita una profonda influenza, invitandolo nel proprio ashram. I seguaci devoti la chiamano “Sri Mata Amritanandamayi Devi” ma anche “Amma, la santa dell’abbraccio” ed è ampia l’organizzazione che controlla. Tre sono i suoi grandi centri in India: Kerala, Tamil Nadu e Karnataka. Nel 2012 Kaisner assume il nome del dio Hindu Jagannath e va in India, trasferendosi all’ashram Amritapuri di Kerala, dove inizia a lavorare per Amma.

Nel 2014 Kaisner serviva Amma come membro del gruppo di insegnanti “Amrita SeRVe” in vari villaggi dell’india. Ma nonostante l’immenso potere e la forza dell’organizzazione da lei controllata, la carriera di questa donna subì un declino per varie controversie. Si vedano i seguenti link:

https://www.youtube.com/watch?v=Kgm92LGI008

https://www.telegraphindia.com/1140302/jsp/7days/18036887.jsp#.WrJEzhAjFx4.em

Kaisner sul proprio sito web si presenta professionalmente come agricoltore naturalista, designer e insegnante di Permacultura. Non si accorge che la propria definizione professionale è piena di ambiguità. E ci credo!

Egli ha pure due canali YouTube separati: “John Kaisner The Natural Farmer” e “John Kaisner Permaculture”.

Nel video promozionale su Villa lIbertà, Kaisner “scopre” la meravigliosa isola di Panarea. Arriva al Milazzese, intervista gli amici Derek e Jehnny. Si mostra beatamente ignaro che esiste già un  patrimonio di ricerca e finanziamenti sul luogo. È ignaro che gli esperti hanno già analizzato e valutato la morfologia del suolo. Non immagina minimamente che gli abitanti di questo luogo, riappropriatisi del territorio con la produzione di Malvasia, saprebbero dargli molte più informazioni sulla qualità del terreno dove ha attecchito tanta buona vigna. Egli appare ignaro che queste isole vulcaniche sono state assiduamente visitate e studiate da famosi geologi, sin dai tempi più remoti dell’età della ragione. La geologia di queste isole ha suscitato l’interesse di scienziati come Deodat de Dolomieu, che ha dato il nome alle Dolomiti.

Ma, come Lewis e Clark, Kaisner non supera il proprio orizzonte e si pone in contemplazione dei un territorio che suppone sia inesplorato. E continua a dipingere un quadretto ad uso dei suoi amici che ispira il treno dei pionieri naïve, da far giungere da lontano per trasformare il territorio secondo le direttive di Derek e Jehnny.

Kaisner non ha alcun curricolo verificabile sul piano scientifico e accademico, ma è sostenuto solo dalle proprie parole. Si descrive come designer e insegnante di permacultura e, attraverso questa schiacciante sicurezza, fa avanzare - contro ogni principio di gravità - il suono dell’allarme cosmico che incombe sul nostro destino. La desertificazione globale è alle nostre porte! La vicinanza del Sahara significa che il deserto è giunto letteralmente alle porte di Panarea. Ma davvero?

Ogni persona ragionevolmente istruita sa che la desertificazione della regione sahariana è iniziata sette milioni di anni fa. Il Sahara è vasto quanto Cina o Stati Uniti e la sua inospitale condizione desertica era già in atto in età preisotriche, quando gli antichi Egizi (coloro che probabilmente Kaisner definirebbe “rifugiati della desertificazione”) cominciarono le loro grandi opera lungo le rive del Nilo. Autoproclamandosi esperto, dovrebbe conoscere la composizione dei paleosuoli nel bacino del Mediterraneo, particolarmente in Italia, composti per lo più dalla polvere mineralerossa del Sahara. Ha mai sentito parlare della “pioggia rossa”?

Il mito della pioggia di sangue risale all’Iliade di Omero. Il suolo rossiccio rimodellato nei muretti a secco di tutto il sud Italia è un composto dove predomina la sabbia del Sahara, gradualmente sedimentata per migliaia di anni. Gli strati sottostanti non sono particolamente fertili, ma la terra rossa sahariana del paleosuolo contiene potassio, fosforo e ovviamente ferro, ossia sali minerali  essenziali per il nutrimento delle piante.

Anni fa ho seguito una conferenza all’università di Sidney dove un geologo spiegava che l’Italia sta perdendo parte del suolo a causa della eliminazione dei muretti a secco, per agevolare l’uso di moderne zappe meccaniche portate fin sui terrazzamenti. Questo ha determinate l’erosione a causa delle piogge e la perdita di deposito di sabbia del Sahara. Sabbia che – con le precipitazioni - si era accumulata nel corso di interi millenni.

Imperterrito, Kaisner ipotizza che nessuno al di fuori di Villa Libertà detenga la chiave di risoluzione per pianificare il futuro del nostro pianeta. Caspita, che sollievo! Per un attimo ho rischiato di cerderci.

Dunque, Derek e Jehnny raccolgono l’acqua e praticano la sostenibilità idrica. Quindi la loro Villa Libertà è un irrinunciabile sito dimostrativo.

E la loro soluzione rivoluzionaria, secondo Kaisner, dovrebbe integrarsi con le strutture esistenti sull’isola per le prossime generazioni. Ognuno vivrà felicemente per lungo tempo.

Ma veramente costui crede che si possa prendere sul serio tutto ciò? Se questa è la nuova religione, quei poveri illusi di custodi e archeologi dovranno abbandonare il Milazzese, perché ci sono  le pepite d’oro sulle Nere Colline e il generale Custer è sulle loro tracce.

Potremmo ridere di tutto ciò, come di solito ridiamo di Trump. Ma potremmo pentircene amaramente. Sono davvero preoccupato per il potere che i social media esercitano sui giovani idealisti, poco corazzati nell’esercizio del dubbio  e spesso poco istruiti.

Non  credo in discorsi repressivi ma non dobbiamo restare indifferenti quando essi giungono a punti di criticità che si rivelano fuorvianti e del tutto sbagliati.

Circa 53 anni fa, probabilmente quando Kaisner non era ancora nato, sono stato tre mesi in India, lavorando in lungo e in largo. Viaggiavo sui treni di terza classe. Feci un viaggio verso la costa orientale da Calcutta a Puri, nello stato di Orissa. Ero curioso di raggiungere e vedere il carro dal grande tempio usato nel  festival annuale delle carrozze di Rathayatra. Questa enorme carrozza-tempio è spinta da centinaia di devoti. Un po’ come avviene con la Vara di Messina, rispetto alla quale il carro indiano è comunque molto più grande.

Accadde che un pellegrino Indu cascò o forse si gettò a terra deliberatamente, sotto le ruote gigantesche del veicolo. Da lì gli Inglesi crearono un nuovo vocabolo, “juggernaut”, che indica una macchina infernale che distrugge chi la usa. Io credo che questa possa considerarsi una metafora di “Villa Libertà”. Il dio Hindu in questione era, lo avrete intuito, Jagannath, il cui nome è stato adottato da John Kaisner: Jagannath.

Detto tutto ciò, non sono importanti tanto le mie opinioni su quanto John Kaisner discetta, quanto il fatto che le dichiarazioni di Kaisner siano solo una divagazione temporanea, sebbene possano sembrare accettabili. Quindi, mettendo da parte le divagazioni, il solo problema in questa discussione consiste nel fatto che il mancato intervento in ogni modo è incompatibile con i dettami di legge, e consentirebbe la persistenza nel Milazzese (di quanto hanno realizzato, NdT).

Mi congedo da voi con un’ultima foto: IMG_882 ed un ulteriore commento: “A Villa Libertà, Derek rende ogni cosa possibile”

È il post di uno dei lavoratori globe-trotter, che ricorda quando sorseggiava con lui del buon vino al tramonto, lungo il lato occidentale della scogliera, o quando trascorreva notti selvagge a base di bisbocce baccanali che abbiamo visto in alcune foto qui allegate.

Non vi è dubbio che costoro credano che tutto sia possibile o pensino di cavarsela comunque. A molti fotografi sembra che tutta l’area del Milazzese fosse sua (di Derek, NdT), “tutta roba sua”. Ma arriverà il giorno in cui questa fattoria sarà chiusa e Derek, come Mazzarò, dovrà accettare l’inevitabile.

Sicché quando gli dissero che era tempo di lasciare la sua roba, ………….uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: - Roba mia, vientene con me!”

(Giovanni Verga)

E così sia.

Peter Tesoriero

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