ilfattoquotidianojpiromallodi Januaria Piromallo

Meglio ammetterlo subito: non competente in materia. Essere la madre di teen ager è il mestiere più difficile del mondo. Inadeguati, impreparati, frustrati noi. Fragili, insicuri, spietati, loro. Incontenebili, incontentabili. In vacanza poi danno il peggio di sé. Si coalizzano tra di loro e noi genitori siamo il battaglione nemico da abbattere. I figli sono piezz 'e core, sì ma da prenderli a pedate nel sedere appena aprono l'occhio, dice una madre esasperata. Un'altra (ahimè, la sottoscritta) ha avuto bisogno dell'intervento dei carabinieri per sedare una rissa in famiglia: io parto quando dico io. No tu no. Aprono l'occhietto non prima delle 3 del pomeriggio. Busso alla porta, bofonchiano, un loro amico mi apre e mi offre una canna di mariujana da fumare. Rifiuto. Loro invece se l'accendono. Poi buttano la testa nel latte con cornflex.

Ma che razza di adolescenti siamo stati noi nel nostro passato remoto per meritarci questo gregge di pecore. Cervelli in ammollo ma connessi 24 ore su 24 (è il loro mantra), stessi rituali, stessi sballi. Un passo indietro: sogno finalmente due settimane di relax con i figli, mare bello e pulito per me, invece Panarea si trasforma in una prova di resistenza fisica e mentale.

Un fazzoletto di roccia vulcanica, lungo poco più di tre chilometri, con due lounge bar e una discoteca che picchiano decibel che stordiscono come le temperature che qui oscillavano intorno ai 40 gradi. Una concentrazione di sound che martellano fino all'alba. E quando la musica è finita gli amici non se vanno ma si ritrovano al Bar del Porto, cappuccino e birra per mantenere costante il livello di alcol. Adesso sono i loro i-Phone con amplificatori a sparare musica techno. Panarea ha poco da invidiare in materia di sballo a Mikonos o a Ibiza. Anche qui, ca va sans dire, prezzi triplicati.

Facevano i pescatori, adesso fanno gli affittuari. Ma qui non si affittano stanze ma letti. Un letto costa anche 100 euro al giorno. Li infilano anche in cucina. I carabinieri quest'anno bussavano alle porte per contare letti e corpi occupanti. Multe più salate dell'acqua di mare se erano in troppissimi. Oltre allo sballo da tenere d'occhio altra attività che tiene occupate le signore sono petizioni, raccolte di firme, istanze, esposti, atti d'accusa, di origine indifferenziata (nel senso di pattume). Tanto questa è la fine che faranno, cestinate come arrivano all'autorità di Lipari. Paradossalmente arrivano sulle scrivanie proprio di quelle istituzioni che, secondo il j'accuse generale, latitano. E lasciano fare.

Eppure una soluzione ci sarebbe e la lancia Pietro Lo Cascio nel suo volume di fresca pubblicazione "Le Isole Eolie": fare dell'arcipelago, già Patrimonio Unesco, un Parco Nazionale a tutela delle caratteristiche naturali e come tampone alle speculazioni edilizie. Toh, sono ritornate le tartarughe marine e alcune specie di uccelli migratori che sembravano scomparsi. E così Michele Iodice, eclettico artista napoletano, inventore dell'installazione Migrazioni, che porta in giro per il mondo, ha inserito Panarea nella sua mappa. E a casa dello scenografo Leonardo Madonia (tra le più antiche e originali dell'isola: fu comprata dalla madre nel '59 per sole 200mila lire) ha presentato il suo nido/ghirlanda intrecciando foglie di mirto e alloro, rami di capperi e lentisco con il gelsomino siciliano. Per Iodice il nido rappresenta un non luogo, un habitat naturale dentro cui trovare intimità e piacere dell'ozio. Altro che sballo!

Arroccato sul pendio della collina, piccolo borgo eoliano emergente in un giardino di ulivi, limoni e buganvillee, il raya è lì, proteso con tutte le sue terrazze verso lo Stromboli che il nostro grande Rossellini ed il buon Dio hanno reso immortale.....

Hotel Raya

 

Lascio Panarea con l'immondizia nel cuore. Isolani e villeggianti incavolati come "Iddu" (Stromboli ), pronti a esplodere. Due o tre ragazzi pescatori d'inverno e netturbini d'estate non bastano. Cassonetti traboccanti di tutto e bombole di gas buttate in strada. C'è chi addirittura ha svuotato casa gettando materassi (ne ho contati 3), televisore e sedie. La piccola discarica a cielo aperto è il giardino selvatico di fronte al cimitero. Dicono: "Tutta colpa della Regione". Dunque del governatore Crocetta, che non paga la discarica di Catania che non accetta più i rifiuti provenienti dalle Eolie.

"E pensare che a inizio stagione si era addirittura parlato di raccolta differenziata", lamenta Maria Pia Cappelli, una signora elegante, proprietaria dello chicchissimo Hotel Quartaro. L'allarme è arrivato fino a Londra e dall'Aeolian Islands Preservation Fund (un Fondo per la preservazione delle isole Eolie) è arrivato un sostanziale contributo. E così i privati tappano le falle del pubblico.Idee in ammollo e sbarcò sull'isola pure il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, forse per occuparsi personalmente dell'emergenza rifiuti? Intanto al Bar del Porto, gozzovigliando fra una granita di anguria e un arancino al ragù, riunisce un mini summit di un centrodestra alla deriva. E chiede una scialuppa di salvataggio al senatore Riccardo Villari (Gal) e al deputato Dore Misuraca (Ncd), uno degli uomini di riferimento di Alfano in Sicilia. Menù del giorno del dopo Berlusconi: who is next?

Avanti il prossimo. E' per dare il suo contributo eco-chic che ha dato un party a chilometri zero: usando solo prodotti autoctoni e sapori del territorio, comprese le erbe selvatiche del suo giardino. Aurelio è stato un pioniere dell'isola, ci è arrivato 40 anni fa e ha comprato una vecchia casa di pescatori, l'ha ristrutturata e ne ha fatto il suo eremo: "Sono una persona felice, cerco di non stressarmi molto e di apprezzare quello che ho condividendolo con gli amici". Aurelio fa il costruttore e ha avuto un'idea geniale. Con santa pazienza ha aspettato i permessi per 27 mesi, ha lottato contro una burocrazia miope e alla fine l'ha spuntata. La stazione ferrovaria di Mergellina, un gioiellino liberty, adesso ospiterà il primo albergo "dans la gare" e lo ha chiamato Hotel Metrò 900.

C'est chic, c'est bon. E Aurelio sbarcò con un seguito tutto al femmile: Thule, veneziana e pescatrice, soprattutto di polipi presi a mani nude, Giovanna Zanafredi, decoratrice di fiori. Ma la vera ape regina è la chef Imma Ferraro, lunghi riccioli neri e una bellezza antica che sembra incisa su cameo. Lei è una che la gavetta l'ha fatta tutta senza sconti. Aveva appena 14 anni quando si è messa a fare uova di cioccolata personalizzate per le amichette facendosi pagare 5 mila lire l'una. Da Napoli è partita e ha fatto l'allieva di Davide Scabin (due stelle Michelin e figura tra i 45 migliori chef al mondo). La consacrazione è arrivata con "La terra dei cuochi", in prima serata su Rai Uno, poi si è trasferita a Torino ai fornelli del "Lo Scalo Vanchiglia".

A casa Aurelio tutti si prestano alla manovalanza anche gli avvocati di famiglia Michela Murador e Francesco Andriulli: tagliano, sminuzzano, friggono e svuotano angurie. Con fornelli accessi da 24 ore per sautè di patelle, ragù cernia e panzanelle, mini cotolette di gamberi in pastella di pistacchi e arancini allo scorfano. Perfino per arrotolare le cialde dei cannoli, Imma ha usato il vecchio metodo, quello della canna secca di bambù. Mentre l'oscurità era bucata da una scia di lanterne lanciate in cielo e la frizzante Martina, la figlia di Aurelio, improvvisatasi bargirl faceva schizzare alle stelle il tasso alcolico degli invitati.

---Caro presidente Crocetta, le scrivo per conto di Marco e di tutti i "disagiati" e i "tagliati" fuori delle isole minori (già è brutta la definizione) a causa dei collegamenti con la terra madre. Si, perché la Sicilia, luogo antico – lei mi insegna – è progenitrice di cultura e tradizione.
Si chiama Marco Tesoriero, ha 25 anni, ha fatto il modello e l'attore (per il Teatro Stabile di Catania). Ma, una vita effimera di lustrini, ha preferito la solidità di una roccia. A una vita "sospesa", ha scelto la certezza della sua isola, l'appartenenza alle sue radici. E' ritornato a casa anche per dare una mano alla sorella, Federica, coordinatrice della "Aeolian Islands Preservation Fund", per far conoscere al mondo le bellezze e le unicità delle Eolie e proteggerle dall'incuria e dall'abbandono delle istituzioni. Padrini del Fondo: nientepopodimeno che Ben Goldsmith, erede della famiglia di filantropi, e Luca Del Bono, nato a Lipari, ma di casa a Londra. Un imprenditore global dal buon fiuto e sostenitore di altre associazioni di bambini a cui è stata rubata l'infanzia.
Ma come fare, se già sbarcare a Panarea è diventato un terno al lotto?

Federica, master alla Bocconi in Management of No Profit Organization, vive a Londra. Marco, invece del suo motto "Senza radici, non si vola" ha fatto virtù. E' ritornato nella sua isola, piccola e maestosa, a fare da "sponda", una spia rossa sempre accesa per segnalare i malfunzionamenti.

Mi scrive Marco: "Disagiato sì, ma non un rifugiato" La sua unica colpa è quella di essere ritornato a vivere a Panarea. I disagi aumentano di giorno in giorno, causati soprattutto dai collegamenti quotidiani che saltano come tappi di frizzantino e il taglio sempre più frequente delle corse di aliscafi da Milazzo. Può capitare a volte che effettivamente le condizioni meteo avverse non facciano partire gli aliscafi. E non ci si può di certo lamentare contro il Padreterno. Ma sempre più spesso capita che basta una semplice folata di vento, un soffio di venticello che non riuscirebbe neanche a far volteggiare l'iconografico vestito bianco di Marilyn Monroe (chi non la rammenta nel film "Quando la moglie va in vacanza"?) che, immediatamente, saltano tutti i collegamenti, soprattutto con le isole minori. "Siamo rimasti bloccati per più di una settimana", ricorda Marco che aggiunge: "Mai, a mia memoria, era capitato di vedere scarseggiare i generi di prima necessità sull'isola e invece... eccoci qui, senza un collegamento con la nave da oltre 10 giorni. Per non parlare del disservizio postale...".

Caro presidente, mi informa Marco che è in atto un duro braccio di ferro tra Regione e società marittime: la prima che taglia e le seconde che "cuciono" residui di fondi pubblici e ne chiedono di più. Ultimo sfogo di Marco che l'intera comunità dei "disagiati" sottoscrive: "Nessuno si renda conto che i servizi di collegamento dovrebbero garantirci di vivere dignitosamente. Siamo invece trattati come bestie!"

Lei sa bene, presidente, che i disagi colpiscono fortemente anche il settore turistico, unica fonte di reddito per le Eolie, che tutto il mondo ci invidia. "Siamo infatti costretti a rispondere – conclude Marco – che per raggiungerci devono farsi "il segno della croce" e affidarsi alla Provvidenza divina. Ma come si può affrontare una stagione turistica in queste condizioni? Quando non sappiamo nemmeno che orari ci saranno nelle prossime settimane dei prossimi mesi. Figuriamoci, poi organizzare una vacanza, facendo quadrare orari di aerei e treni". Umori , dunque singhiozzanti, come le corse degli aliscafi.
Lei è troppo giovane, presidente, per ricordarsi che 20 anni fa c'erano più collegamenti (e certezze) di quante non ce ne siano ora.

Una mezza soluzione Del Bono l'ha trovata: immergersi nel mare di Sicilia, ma a Londra. All'esclusivo South Kensington Club, esclusivo healt, c'è una piscina (pavimentata ovviamente con pietra lavica dell'Etna) che è stata riempita con acqua di mare delle Eolie, costantemente purificata e mantenuta alla temperatura di 34 gradi. E' stato lui a occuparsi della raccolta dell'acqua di mare di Lipari, 25 tonnellate, e a farla trasportare fino a Londra in camion. Ha dovuto pagare appena 50 euro per comprare l'acqua ma una serie infinita di ostacoli burocratici (tradotti in una quindicina di permessi) lo hanno sfinito.
Presidente, lo prendiamo insieme il prossimo aliscafo per Panarea?

---Cosa ci fa quello scheletro arrugginito sulla spiaggia di Scari insieme a ruspe e rottami che accolgono il turista appena sbarcato? E mi guastano il primo impatto visivo con Iddu! Nuoto da Punta Lena fino a Fico Grande e passo sotto un altro mostro di ferraglia corroso dal mare. Sembrerebbe un pezzo d'archeologia dismessa. Invece mi dicono che è nuovo di zecca, sarebbe un braccio del pontile d'attracco, ancora non finito (e mai lo sarà) visto che si sono fatti male i conti e manca la profondità necessaria agli approdi. Ma la "cattedrale del mare" (Kiefer ci farebbe un'opera d'arte) è servita a rimpinguare di mazzette le tasche dei malgovernanti della cosa pubblica. In vespa con Tonino Magnelli, isolano d'adozione, per vicoli e stradine di Piscità, fra boungaville (che qui sono di un fucsia che non si trova da nessun'altra parte) e fiori di capperi, ebbra dal profumo di gelsomino, passo davanti alla casa bunker di Dolce&Gabbana. L'hanno chiamata Dalì, qualcuno me l'adduce come un buon esempio di delirio di rampantismo. Arrivo davanti a La Sciara, un tempo il migliore albergo dell'isola, ci andava pure l'ex presidente Napolitano, oggi è un rudere inghiottito dalla vegetazione selvaggia.
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Altra priorità da affrontare subito: la differenziata non si fa, tanto l'immondizia viene compattata direttamente in loco, in una discarica fai da te, un po' nascosta dalle 'cannizze', a soli 5 metri dal mare. Gli isolani non hanno più voce nel chiedere da tempo un porticciolo turistico e una nave 'discarica' attrezzata per lo smaltimento dei rifiuti. Giorgio Armani, sponsor della squadra dilettanti di Stromboli, ha promesso di comprare "Il Mulino", edificio storico, a una sola condizione: che si risolva presto la questione munnezza, mi informa Roberto Bauducco, isolano pasionario. Lo stilista non vuole mica una casa con vista su immondezzaio a cielo aperto. Sindaco, prenda nota. Intanto, barconi del turismo "mordi e fuggi" nessuno li vuole, ma tutti se li pigliano.

Tuttavia come si fa a resistere al fascino della sciara di fuoco che buca l'oscurità: al tramonto in fila indiana a zig zag, in lontananza, sembrano collanine di luce appese al manto di Iddu, quando al tramonto in fila indiana a zig zag salgono in prossimità della bocca che erutta lave e lapilli. Nessun fuoco d'artificio può reggere il confronto.
Non si può rinunciare all'aperitivo a La Locanda del Barbablu, ricavata da un'elegante residenza isolana rosso pompeiano (dirimpettaia e gemella della casa che ospitò Ingrid Bergmann e Roberto Rossellini ai tempi delle riprese del film "Stromboli"). Il Barbablù è anche il salotto culturale dell'isola, frequentato da professori della Bocconi (vedi Andrea Rea), banchieri (vedi Gianluca Verzelli), imprenditori (vedi Guglielmo Rebucci) e volti noti della tv (Myrta Merlino). Alle spalle della Locanda va in scena il Teatro del Fuoco, con giocolieri e saltimbanchi da Cirque du soleil.

Tira anche aria di mecenatismo: da cinque anni c'è in calendario il "Vulcano Extravaganza", una rassegna d'arte contemporanea, voluta da Fiorucci Art Trust, quelli dei salumi, che hanno casa proprio sotto il Timpone, l'ultima lingua abitabile dell'isola. Mentre a Panarea i pescatori si sono messi a fare gli affittacamere, a Stromboli al mattino è un tripudio di pesce fresco, scorfani, mupe, totani, rane pescatrici e gamberetti di nassa. Nella mia wish list ci sono le pietre di mare, un impasto al nero di seppie, imbottito di cernia (presentato pure a Expo), le mangio da Zurro sulla spiaggia di Scari mentre a Canneto la chef birmana Tintin Khine prepara specialità esotiche rivisitate in salsa eoliana.

Lidia Ravera e Angela Finocchiaro si mettono in chiacchiera al Fico Grande, boutique etno-radical-chic di Gioacchino, con vista su Strombolicchio, lo scoglio/faro. La leggenda vuole che era il tappo di Iddu e sia "saltato" al momento della prima grande eruzione. Gli dei lo abbiamo lasciato lì, solo soletto, in mezzo al mare.

---Sembra che faccia un inchino al mare, si abbassa come per accarezzarlo e carica l'acqua. "Li vede quei due idrovolanti stanno spegnendo un incendio a Lipari. Deve essere di grandi proporzioni se la guardia forestale ha dovuto chiedere rinforzi alla terraferma", mi fa il tassista mentre mi indica la nuvola di fumo nero provocata dai balordi che, avvicinandosi la stagione della caccia, si preparano il terreno. Ne fanno sterpaglia così i conigli non hanno dove nascondersi e ammazzarli per loro diventa facile come un tiro al bersaglio al luna park. "A Salina, invece, a quei quattro disgraziati gli abbiamo fatto perdere il vizio", sibilla il tassista.

Salina è anche il luogo dove tre generazioni dei Barbaro si incontrano: nonni, figli e nipoti. Annamaria e Alfredo sono venuti cinquant'anni fa e per reazione istintiva d'amore per questa isola verde ammantata di piantagioni di malvasia (vedi il Festival della malvasia ), cactus e limoneti hanno dato vita a un progetto un po' azzardato. Mentre gli isolani emigravano in cerca di fortuna in America, loro comprano il vecchio panificio in disuso dell'isola. Oggi Villa Barbaro, in parte è un B&B, in parte ospita la famiglia. All'alba e al tramonto saluto al sole con corsi di yoga con Valeria. La sera tavolate gourmet con figli, nipoti e amici ( mai meno di una quarantina) con don Alfredo a capotavola. Norberto Salza, ingegnere spaziale, modi antichi da ultimo gattopardo viscontiano, è sposato con Alessandra Barbaro. Lei di bianco vestita arrivò in Vespa anni '50 nella chiesetta del villaggio di pescatori, incastonato a mo 'di presepe nel cratere svuotato di Pollara. L'ingegnere legge "Il codice dell'anima" e chiosa: "Salina appaga il bisogno di famiglia e di territorio".
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Fa il pittore e il poeta. Pippo Cafarella, un "aristocratico bastardo" (sua madre d'origine nobile veneziana e suo padre di famiglia contadina di Malfa). Vive nella casa dove è nato, sgarrupata ma charmosa, in mezzo a una vegetazione selvaggia e alle sue opere d'arte, ricavate da materiali di recupero (ha esposto a Shanghai, a Taormina e in un sacco di altri posti). Mi offre prugne e mandorle del suo giardino. Prende in mano un suo libro di poesie, una a caso, quella che descrive la casa del Il Postino e incantò Troisi. A picco sul mare di Pollara, l'attore la volle a tutti i costi come casa di Pablo Neruda ne Il "Postino". Pippo oggi ne difende la memoria e rifiuta offerte milionarie di acquisto.

Altra esempio di mecenatismo familiare lo hanno dato i Crisci, che mezzo secolo fa hanno scelto Malfa di Salina come vocazione. Rossella, stessa bellezza trasgressiva di Maria Schneider, ai tempi di "Ultimo tango a Parigi". "E poi i colori, la luce, i sapori unici. Tanta roba, tutta strabiliante", chiosa Rossella. Con suo padre Franco, instancabile viaggiatore, ha preso forma il Santa Isabel, albergo in calce bianca ricoperto da intere pareti di boungaville e punto di forza la terrazza spalancata sulla spiaggia di nera lava di Scario.

Antonino Marchetti era un ricco importatore di marmo, il signorotto di Malfa, detto il milionario, e si fece costruire la casa più bella. Oggi ospita l'Associazione Didime '90 (didime è il nome greco di Salina) con Clara Rametta vicepresidente. Volontà di ferro e piglio battagliero. Ereditato dal nonno che a 13 anni, primo di 13 figli, partiva solo, soletto per Boston, apriva un negozietto di frutta e verdura e mandava i soldi alla famiglia. Clara fece sostituire nelle sue mansioni l'allora sindaco per il rilascio della concessione edilizia. A lavori cominciati il sindaco indispettito fece mettere i sigilli, da qui il nome latino "Signum". Clara cominciò dal recupero di vecchi ruderi. Oggi, l'albergo, fra i più raffinati della Sicilia, è composto di case rurali in calce rosa pallido, in mezzo a un giardino di palme, gelsomini e fichi d'india. Dove sono di casa i fratelli Taviani, Cristina Comencini, Aurelio de Laurentis, Antonio Calabrò e Paolo Veronesi. Ha fatto la colletta per il Museo dell'Emigrazione e adesso la sta facendo per creare uno spazio multifunzionale che accolga una sala cinema ( la prima di tutte le Eolie) e laboratori con registi provenienti da ogni angolo del mondo. Giocandosi così la carta della destagionalizzazione, ossia dare "fiato" a Salina anche fuori stagione. Con questo scopo è stato appena inaugurato il "metrò del trekking". Si sale in quota, dal mare fino a quasi mille metri, e si sfiora il cratere spento ricoperto da un boschetto di felci e castagni secolari. Spettacolare – fine terza puntata
twitter@januariapiromal

Ecco la poesia di Pippo Cafarella che descrive la casa de "Il Postino"

Cinque metri a Levante
Tre palmi a ponente
Sei passi in altezza
Un'ombra alla porta
Una luce al muro di poppa
Due buchi per un raggio bianco
tre per uno rosso
Una conchiglia
fra onde di lenzuola
per sorseggiare saliva
tre briciole sul tavolo
incollate da nero vino
un tizzone sotto i piedi
vento sulla testa
un'ancora alle ali
a prua una buganvillea
e glicine alle vele
onde ai pavimenti
schiume sui muri
Copiai da contorti rami di ullivo
e curve di donne
da lune marina sole
di magma rosso
Ombrosi lintischi
aree di assenzio salmastri
vortici a forma di vento.
Ecco il mio progetto, corruttore di leggi pagate con emozioni
Pollara 1989

---Caro premier Le scrivo,
visto che ha ridotto all'osso le vacanze sue e dei suoi parlamentari, presumo che avrà più tempo per le faccende, diciamo, secondarie.
Ho appena conosciuto una donna originale, Clara Rametta Caruso, che si è sempre battuta come una leonessa per le Buone Cause. Ha fatto traballare giunte e fatto sostituire sindaci. Ha cercato finanziamenti per il Museo dell'Immigrazione: una realtà straordinaria che ci racconta di quando eravamo poveri e belli e con il piroscafo da Palermo si partiva con le valigie legate dallo spago per Santa America. Sì, la chiamavano proprio così, conferendole un'aurea di santità. Oggi siamo lo stesso poveri ma arroganti. "La Sicilia è ancora una terra dalle potenzialità inesplorate che non lasciano emergere", chiosa Clara.
Qual è l'ultima impresa della pasionaria di Salina? L'apertura di una sala cinema, la prima in tutte le Eolie. Le Eolie sono patrimonio dell'Unesco ma in fatto di cultura nessuno muove un dito. "E l'impresa è cultura: una cultura politecnica, sulla scia d'Ulisse, dei maestri del Rinascimento e degli ingegneri filosofi", ricorda Antonio Calabrò, scrittore siciliano sofisticato, alla presentazione del suo ultimo libro, "La Morale del Tornio".
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Il sogno di Clara è avveniristico, design puro, una struttura che ricorda un'onda, con duecento posti a sedere. E ha già incominciato una colletta fra i privati.
Sulla terrazza del Signum Hotel, sospesa fra mare e cielo stellato, accompagnato dall'ingegnere spaziale Noberto Salza, c'era Aurelio De Laurentis, un pezzo della storia del cinema porta la sua firma di produttore. Deliziato da un sorbetto ai capperi. Un incontro par hazard che diventa occasione.
Clara gli parla del suo seducente progetto, che vuole promuovere anche corsi di cinematografia e musica inseriti in un programma più vasto di destagionalizzazione. Che parolona, se la ripeta, caro Renzi, come scioglilingua. Anche perché serve a creare posti di lavori, in tempi così grami. Perché la bellezza dirompente di un luogo è già di per se fonte di creatività. Perché Salina è già sulla mappa del cinema grazie al premio Oscar per il Postino, in quanto parte delle riprese sono state girate qui. E Clara ha appena reso omaggio a Philippe Noiret con "Salina, la metafora della poesia". E' lo stesso De Laurentis a suggerire: "Scriva una lettera a Renzi e per conoscenza metta anche il ministro della Cultura Dario Franceschini. Chieda, anzi, pretenda".

Capperi, che idea!
Sa Premier qual è la cosa che mi riesce meglio? Scrivere lettere di questo tipo che, anche se verranno ignorate, qualcosa in fondo riescono a smuovere.
Aspetto Sue, buon resto di estate.

---"Panarea, nessun altro nome evoca un amore tanto grande, come quello verso una figlia che ti accompagna per tutta la vita", se lo ripete Pina, quasi come un mantra. È seduta nel salottino del suo ristorante gourmet. Segue il via vai dei camerieri che servono ravioli ripieni di riccio e carpaccio di scorfano agli agrumi. Sono passati oltre 50 anni da quando friggeva frittelle e le offriva ai primi turisti che sbarcavano sull'isola. Non c'era ancora il molo e un barcaiolo se li andava a prendere dal postale che una volta a settimana dal "continente" faceva il giro delle isole.

"La Signora Pina è la nonna che ogni siciliano fortunato ha avuto vicino, una donna forte che l'età, con grandissima fatica, è riuscita appena a rallentare ma mai a fermare. Salutarla con affetto ogni volta che metto piede sull'isola è un po' come salutare uno degli ultimi pezzi di un mondo che non esiste più e che mi manca terribilmente", spiega Massimiliano Badalamenti, palermitano di nascita, un uomo moderno con regole classiche, globetrotter, chirurgo estetico, con una missione: "Aggiustare quello che non mi piace".

Myriam Beltrami, con spirito pionerista da figlia dei fiori ante litteram, arrivò con Paolo Tilche, egiziano dallo sguardo di ghiaccio, verso la fine degli anni '50. Un rudere sopra il faro di fronte alle sciare di fuoco di Stromboli lo trasformò nella più bella terrazza del mondo sospesa fra cielo e mare. Nacque così il Raya, più di un albergo era un stile di vita controcorrente. Quando il mare era in tempesta e tutti i pescatori tiravano le barche a secco Paolo e Myriam tiravano fuori la loro e sfidavano onde da paura. Gli servì per conquistarsi la fiducia dei riottosi isolani. Paolo non c'è più, Myriam ha al suo fianco Robert Skeledzic, bellezza slava in sarong balinese e 24 anni di differenza. Oggi è lui a custodire la memoria storica del Raya e ne farà un libro. Flavio Briatore voleva comprare il Raya e farci in loco un Bilionaire in stile cafonal, Myriam non lo ricevette neanche. Chapeau.

Lidia Cincotta, l'altra signora di Panarea, figlia del medico condotto, ma con visioni imprenditoriali. Non c'era la luce elettrica, l'acqua bisogna pomparla dalle vecchie cisterne e gli isolani scappavano in Australia. Lui allora incominciò a comprare pezzi di terra in riva al mare, incolti, e per questo venduti a prezzi stracciati. Nacque così il primo insediamento alberghiero, Villaggio Cincotta e Hotel La Piazza.

Pina, Lidia e Myriam: le quote rose di Panarea, le Grandi Anziane di questa isola bonsai, un fazzoletto di roccia lavica lungo appena tre chilometri, minimalista nei servizi (è il suo charme), che la difendono con la stessa caparbietà dal mutilante turismo di massa (vedi barconi dei burinos che vengono scaraventati ogni giorno sull'isola), che tengono lontani gli investitori stranieri senza scrupoli (vedi russi). Panarea non è vendita, dicono all'unisono. L'isola rimane di matrice matriarcale mentre la nuova generazione, sempre al femminile, guarda al futuro.

"Bellezza come forza progettuale. Bellezza come energia infinita. Bellezza come interrogazione sul significato delle cose. Amo vivere con lo sguardo in alto o tuffarmi nel profondo blu", aggiunge Massimiliano che parteciperà al convegno di geografi provenienti da tutto il mondo al Hotel La Piazza dal 18 settembre al 20 settembre. Fortemente voluto da Mariangela Manganaro Omero, donna d'intelletto fino e cognata di Lidia. Si parlerà di nuova cultura dell'abitare il Mediterraneo e di coscienza del limite per non depauperare le risorse territoriali (vedi anche il fenomeno delle meduse dovute all'innalzamento delle temperature e alla scarsità di tonni che se la mangiavano). E per l'occasione Mariangela lancerà l'antesignana delle gare di nuoto: dallo scoglio di Dattilo, dove al tramonto batte l'ultimo raggio di sole, a Panarea, in tutto 1.800 chilometri di possenti bracciate. La suocera Lidia vinse una delle prime edizioni.

È, invece, nato a Londra il Fondo (Aeolian Island Preservation Found) per salvaguardare l'eccezionale valore e la naturale bellezza delle Eolie. Fortemente voluto da Luca del Bono, siciliano di Lipari che vive a Londra (dove ha aperto a Kensinghton un ristorante siciliano Iddu, in dialetto significa Stromboli) e dal filantropo Ben Goldsmith. Ma chi ci ha messo veramente l'anima è Federica Tesoriero, nata e cresciuta a Panarea, ha annusato ogni roccia, figlia di Enzino, il bello dell'isola, responsabile della Sea Assistenza. Federica, laurea in giurisprudenza, master alla Bocconi in "Management no profit" con il pallino della protezione delle biodiversità promuove una nuova filosofia di vivere le Eolie.

Era bella... Dio quanto era bella! E quel profumo, jasmine, assenzio, mirto, glicine, zagara. Inebriante, unico, sensuale, ti stordiva... veniva voglia di perdertici dentro, di esplorarne ogni anfratto, di abbandonarti a lei. Sono dieci anni che Toti Palma, il più dandy dei palermitani, il giocoliere della parola, non c'è più. E lo voglio ricordare proprio con le sue parole: "Lei era lì, apparentemente lontana e irraggiungibile, mia, tua e di nessuno..."

--"La domenica, uno dovrebbe serenamente stare a casa a godersi la famiglia, ma per colpa di 9 consiglieri comunali farabutti siamo costretti a stare qua". Quando Iaia Calvio, ormai ex sindaco di Orta Nova in provincia di Foggia, inizia il suo comizio-denuncia da un palco, nessuno immagina che sta per scoperchiare un pentolone di pressioni e interessi. Calvio, con toni talvolta esasperati, racconta tutto quello che ha dovuto tollerare in 2 anni e mezzo di amministrazione. "Abbiamo provato – spiega – a bonificare la città dalla malapolitica e dal clientelismo. Abbiamo tentato di liberarci dal sistema che si basava su tre perni: politica, imprenditoria e studi tecnici. Ma ogni giorno, io e gli assessori – continua – abbiamo subito pressioni di ogni genere: sugli appalti, sugli incarichi, sui servizi. Consiglieri che hanno apertamente chiesto assunzioni nelle imprese vincitrici di appalti, lavori per ditte amiche e contributi da chi otteneva incarichi tecnici". La donna parla anche di "dirigenti insipienti" che in dieci anni hanno guadagnato, oltre allo stipendio, somme tra i 55 e i 73 mila euro. Poi punta il dito contro alcuni uffici come l'ufficio protocollo "diventato la gola profonda dei sabotatori che ieri mattina hanno pensare di andare a firmare da un notaio". Non risparmia le battute sarcastiche nei confronti dei suoi oppositori: "Non sapevano mettere nemmeno una X su un foglio: devono aver fatto dei passi avanti". Parole che non sono passate inosservate. Qualche ora dopo il comizio, infatti, Iaia Calvo è stata convocata dai carabinieri e ascoltata come persona informata sui fatti, pronta a ripetere tutto davanti alla Procura della Repubblica di Francesco Casula e Gisella Ruccia.

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