di Nino Sunseri
Certo che hanno una bella faccia tosta i Presidenti di Regione a polemizzare per i quattro miliardi di tagli imposti dal governo. Prima di protestare dovrebbero farsi un bell’esame di coscienza. Emergerebbe che probabilmente i tagli non sono così dolorosi come sostengono. Gli sprechi sono tanti e tanto evidenti che a farli venir via basterebbe una carezza. Altro che bisturi.
È in questa classifica speciale della dissipazione è sempre la Sicilia a meritare un posto d’onore. Come ha ricordato “Piazza Pulita” parlando di cavalli e cavalieri che nella tenuta
di Ambelia, a quaranta chilometri da Catania, vengono mantenuti a spese del contribuente. Due milioni l’anno (cui vanno aggiunti 60mila euro l’anno del direttore e quattromila al mese al consiglio di amministrazione) per sostenere quaranta operai (che trascorrono buona parte del loro tempo a casa grazie a generosi certificati medici) e un centinaio di animali. Fanno parte del programma di allevamento e «mantenimento delle razze equine e asinine autoctone siciliane con particolare attenzione al Purosangue Orientale». Una espressione tipica «del cavallo isolano».
Chissà? Ma perché lo Stato italiano, nella sua articolazione regionale, deve allevare cavalli? Non si capisce. Va così dal 1884 quando ad Ambelia, allora di proprietà del Principe di Branciforti, venne collocato il Regio deposito stalloni del Ministero della Guerra. Per un’ottantina d’anni la tenuta venne considerata alla stregua di un istituto militare. Fino a quando, negli Anni ’60 la Regione subentrò alla gestione. Perché accadde resta un mistero su cui, ormai è anche inutile indagare. In fondo avrebbero potuto vendere tutto già allora. Tre anni fa, finalmente, qualcuno a Palermo si ricordò dell’assurda appendice.
La direttiva con la chiusura venne presa da Raffaele Lombardo (allora presidente) e, come spesso accade a Palazzo dei Normanni, immediatamente chiusa nel cassetto. Fino all’anno scorso con l’arrivo di Crocetta il quale non ci impiegò molto a capire l’insensatezza di tutta la vicenda. Partono i tagli e la Regione chiude i rubinetti. Da tutto a niente senza vie di mezzo. Ora l’allevamento sopravvive come può con qualche stanziamento che, a singhiozzo arriva da Palermo in attesa di chiudere l’attività e vendere la tenuta cavalli compresi. È difficile trovare qualcuno disponibile ad accollarsi i quaranta palafrenieri dalla salute molto cagionevole...