di Pippo Pracanica*
Ha scritto, ancora, mons. Foti che “sarebbe incompleto, però, fin troppo, questo profilo che abbiamo tentato di abbozzare se non mettessimo in rilievo un altro aspetto della poliedrica figura: l'istinto delle cose grandi. Mons. Paino non sapeva concepire le cose limitate e tanto meno fatte a metà. […] E basta del resto guardare alcune sue opere per convincersene. Quando volle dare un organo alla sua Cattedrale, volle che fosse il più grande d'Italia. Quando volle dare un orologio, questo fu il più complesso di quanti ne esistano nel mondo, tanto da essere degno di essere riprodotto in miniatura al museo della tecnica di Berlino. La biblioteca di cui dotò il suo Seminario, con i suoi 150.000 volumi è tra le più grandi per un seminario diocesano. Il campanone di Cristo Re doveva essere il più grande d'Italia. I suoi Istituti, vedi Collereale, Don Bosco..., sono gli isolati più vasti di Messina, ed anche la sua beneficenza non conosce le mezze misure”.
Il seminario che disponeva di 400 posti, oltre ad accogliere i seminaristi era aperto ai ragazzi bisognosi che abitavao in paesi privi della scola media
La storia del “Collereale” è una storia bellissima di altruismo e di carità per cui merita senz’altro di essere ricordata. Dopo la Restaurazione sancita a Vienna, un decreto di Ferdinando I° di Borbone, nel 1817, diede il colpo di grazia alle languenti attività del porto di Messina ed a quelle industriali e commerciali cittadine in genere.
Inoltre, in seguito al Concordato sottoscritto nel 1818 tra i Borboni e la Santa Sede, anche l’Arcidiocesi messinese subiva un severo ridimensionamento: perdeva il territorio di Enna, dove veniva istituito il Vescovato di Nicosia, ed anche la zona di Acireale che solo diversi decenni dopo, per la decisa opposizione dei catanesi, sarebbe stata elevata a Vescovato. Era costretta anche a cedere oltre una ventina di parrocchie alla diocesi di Patti.
L'opposizione al regime borbonico trovava quindi terreno fertile e buoni motivi per essere alimentata, e proprio attorno a quegli anni sorse anche a Messina, importata da Napoli, la Carboneria e si costituirono numerose vendite. Fu la vendita carbonara “La Virtù premiata”, a promuovere ed a partecipare, all’ammutinamento dei militari borbonici, che erano in buona parte carbonari, il 2 luglio 1820.
Rientrato l’ammutinamento, il 25 marzo 1821, il comandante della piazzaforte di Messina, Generale Giuseppe Rosseroll, che era stato ufficiale nell’esercito di Gioacchino Murat, si mise a capo dei costituzionalisti e, dopo avere fatto abbattere la statua e gli stemmi del Re in Piazza Duomo, proclamò la rivoluzione.
Ma la maggioranza degli ufficiali rimase fedele al Re e tra essi il Principe di Collereale, che era il vice comandante della piazzaforte. Questi, prendendo in pugno la situazione, impedì che scoppiasse la sommossa, ed evitò così inutili eventi luttuosi alla città:“Ottimi e leali Messinesi – si legge nel proclama riportato dagli “Annali della Città di Messina” di G. Oliva – rasserenate pure i vostri cuori, ritornate tranquilli alle vostre case, in mezzo alle vostre care famiglie, riprendete le vostre giornaliere occupazioni. L’intera tranquillità vi è alla fine da tutti i lati assicurata. Le truppe, la flottiglia, la cittadella, le fortezze e le armi tutte sono rivolte al mantenimento dell’ordine e della pubblica quiete oggetto sacro per il cui conseguimento si sono sin’oggi i bravi Messinesi distinti”. Si incontrò anche con l’esautorato Rosseroll e sapendolo privo di mezzi, gli fornì i necessari aiuti finanziari per mettersi in salvo.
Negli “Annali di Messina” si legge anche che nel 1823 una grave alluvione si abbatté sul messinese, sommergendo numerosi villaggi, in particolare S. Stefano, con molte perdite umane ed il Principe di Collereale fu tra i primi a correre in aiuto degli alluvionati per organizzare i soccorsi.
Giovanni Capece Minutoli, Principe di Collereale, oltre che militare di sicura fede borbonica, era membro di una nobile famiglia. Secondo Giuseppe La Farina era “Bello nella persona, piacevole ed arguto nel conversare, pronto a soccorrere gli infelici e a riprendere i malvagi, odiatore delle ingiustizie, di probità senza macchia, assoluto nei modi, e animoso sino all’audacia”.
Non sono molti i documenti da cui trarre notizie certe sulla biografia del Principe di Collereale, ma molto valido, a tal fine, è l’articolo scritto da un suo discendente, Fabio Scannapieco Alì Capece Minutolo di Collereale, dal titolo "IL PRINCIPE BUONO. Un aristocratico Siciliano in Epoca Napoleonica", da cui emerge il profilo di un uomo che esercitava la vera carità cristiana.
*Medico