Nuovo colpo di scena giudiziario nella querelle che da anni oppone da una parte Caronte&Tourist e Rina Services e dall’altra Capitaneria di Porto di Messina e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
La lite riguarda i certificati di sicurezza attinenti al trasporto di persone a mobilità ridotta di diversi traghetti. Nel 2021 la Capitaneria di Messina ne negò il rilascio, ribaltando quanto aveva invece stabilito l’ente di classifica (Rina). Per i traghetti Bridge, Helga, Giuseppe Franza, Zancle e Villa San Giovanni la compagnia armatoriale ottenne in primo grado l’annullamento, basato sul fatto che il Tar valutò come la Capitaneria non potesse invadere la competenza dell’ente tecnico pronunciandosi su aspetti già valutati da quest’ultimo.
Tale lettura, ancora nel 2022, venne però cassata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa Regionale – Cgar (il tribunale di secondo grado della giustizia amministrativa per i ricorsi depositati in Sicilia), che riconobbe invece tale facoltà all’Autorità marittima.
Nei giorni scorsi i giudici siciliani d’appello sono tornati sul contenzioso riguardante le altre tre navi con una sentenza di segno diverso. Il Cgar ha infatti confermato quanto stabilito con le pronunce relative a Helga e Bridge per ciò che concerne le prerogative della Capitaneria, ma, a valle di una “integrazione istruttoria”, ha stabilito che nel caso di specie i provvedimenti dell’Autorità non fossero debitamente motivati.
“Per quanto evidenziato si legge infatti nelle tre analoghe sentenze – il provvedimento gravato si appalesa non adeguatamente motivato, in ordine ai profili di non idoneità, che sono stati poi descritti dalla difesa dell’Amministrazione con richiamo ai verbali. Non viene esplicitata la motivazione in ordine ad un sindacato di legittimità né con riferimento alla ragionevolezza delle conclusioni dell’Ente tecnico (come ritenuto necessario nella richiamata pronunzia di questo Consiglio) né con riferimento alle dedotte inadeguatezze strutturali né con riguardo all’inidoneità del personale. Ne discende che seppure in astratto spetta all’Amministrazione appellante il potere per cui agisce, in concreto essa è tenuta al rispetto del principio generale di adeguata motivazione dei provvedimenti. Ne deriva, pertanto, che risultano fondate le censure di difetto di istruttoria e motivazione dedotte in primo grado dalla Società appellata, con la conseguenza che la sentenza di primo grado deve essere confermata quanto all’annullamento del provvedimento impugnato con diversa motivazione”.(shippingitaly.it) A.M.

