Ginostra – Incidente ad una turista svizzera l’altro ieri sera sera. Mentre camminava in un sentiero a seguito di una caduta è finita in dirupo.
Le sue urla per fortuna sono state sentite da alcuni isolani che hanno richiesto l’intervento del medico di guardia.
Riportata tra non poche difficoltà nel sentiero – tra l’altro privo di barriere laterali – ha accertato la sospetta frattura di un braccio ed una forte contusione al bacino.
Ha quindi richiesto l’intervento del 118 ed è stata ricoverata al “Papardo” di Messina per essere sottoposta ad un intervento chirurgico.
LIPARI, ELISOCCORSO PER GRAVIDA
L'intervento dell'elisoccorso si è reso necessario anche per una partoriente trasferita nell' ospedale di Milazzo.
Vulcano, il ricordo della mia mammina nelle parole del nipote Franco Aricò
di Rosalba Basile
Caro Bartolino,
come sai la nostra amatissima mamma ci ha lasciato. Ti invio il ricordo di suo nipote Franco Arico' In tanti anche a Lipari hanno vissuto quello che lui ha descritto. Ti abbraccio.
di Franco Aricò
"A TANO E NUNZIA PER AVERCI LASCIATO IN DONO IL RICORDO RARO E PREZIOSO DI UN LUOGO SOSPESO TRA LA BELLEZZA DELLA TERRA E L'INCANTO DEL CIELO."
Quando sul finire degli anni ’50 Tano e Nunzia aprirono una trattoria a punta Bandiera, quel luogo sarebbe diventato famoso in tutta Italia, per la sapienza di una cucina che aveva saputo elevare ad arte i sapori di quella terra semplice e generosa; piatti frugali dagli aromi voluttuosi, consumati sull’ampia terrazza porticata, - a strapiombo sulla scogliera, sullo sfondo di un mare irregolare e striato, abbagliante di luce solare - circondata da ulivi secolari, fichi d’India e macchie colorate di ginestra.
Coloro che andavano a trovarli, in quegli inizi degli anni ’60, erano per lo più viaggiatori di professione ed escursionisti che ricercavano ancora relazioni non mediate, non filtrate, con luoghi e persone, e fu quindi del tutto naturale l’incantamento che ne nacque. A proteggerne lo splendido isolamento contribuì all’inizio l’inaccessibilità delle alte scogliere perennemente battute da furiosi frangenti, e l’assenza di qualsiasi sentiero tracciato nelle carte topografiche dell’isola.
Ciò non fu sufficiente comunque a tenere nascosto, per lungo tempo, il segreto e la magia di quella terrazza eoliana, dove rivivevano sapori e aromi che sembravano perduti nel mito. S’intensificarono, così, col passare degli anni, gli arrivi, e Tano fu, allora, costretto a costruirsi da se, proprio su quell’aspro promontorio, un piccolo molo per consentire l’imbarco e lo sbarco dei tanti turisti che in quel luogo presero a recarsi a bordo di imbarcazioni che provenivano da ogni angolo dell’arcipelago e dalle coste siciliane. Ma soprattutto quel precario attracco fu utilizzato per oltre venti anni per scaricare la merce della trattoria, che Tano stesso provvedeva ad acquistare, recandosi ogni mattina con la sua barca a remi a Lipari oppure al Porto di Levante.
La sua divenne una clientela affezionatissima, che vi ritornava ogni anno, attratta dalla naturale bellezza del luogo, dalla limpidezza del mare, dalla calda sabbia nera della spiaggia di “cannitello”, a cui si accedeva tramite uno stretto e tortuoso sentiero che lo stesso Tano aveva tracciato, Dio solo sa come, tra il costone della montagna e la scogliera, a dirupo sul mare, e che dalla trattoria scendeva giù fino alla spiaggia. Il resto lo facevano la generosa ospitalità e la straordinaria abilità di Nunzia, che sapeva dosare, come nessun’altra, i colori e gli odori dell’isola nei piatti che portava in tavola tra gli sguardi rapiti dei suoi ospiti.
Da Tano non si era mai un avventore anonimo, perché lui faceva sentire tutti parte della casa, di un'unica grande famiglia; chi vi sbarcava vi rimaneva l’intera giornata, fino al tramonto, i tuffi dalle barche all’ancora in rada, le battute di pesca nei fondali rocciosi del promontorio, i giochi e le corse sulla sabbia nera, tra canneti e gabbiani, le passeggiate per i campi dai quali molti tornavano con le braccia colme di fichi e di grappoli d’uva, e poi i lunghissimi, interminabili pranzi, all’ombra dell’ampio pergolato, aspirando avidamente l’aria del mare che si mescolava con l’odore dei mille e mille fiori che circondavano l’intera casa e la terrazza, pranzi ai quali anche Nunzia, alla fine, si univa, dopo che tutto era stato preparato e servito nel migliore dei modi; usciva dalla cucina, così come si trovava, il grembiule in vita, una fascia nera in testa a sostenere l’enorme massa nera dei suoi capelli, le gote ancora rosse dei fornelli, e sorridente si sedeva tra i suoi ospiti. In un'armonia che sapeva di miracoloso si univano in lei grazia ed eleganza, e si rimaneva colpiti dalla sua bellezza antica, fuori dalle mode e dalle convenzioni, una bellezza fatta di sole, di mare, di sale, di nera ossidiana, e di tutti i colori di quell'angolo di mondo senza tempo, sperduto nel Mediterraneo.
E come se non fosse stata in piedi sin dall’alba, tra campi e cucina, conversava e scherzava con tutti, senza alcun segno di stanchezza nei tratti di un viso sempre disteso e tranquillo.
E galeotta era forse quell’aria frizzantina che sapeva di sale, o forse, chissà, il vino rosso di Tano che generosamente accompagnava quei pasti, perché in tutti, immancabilmente, a pomeriggio oramai inoltrato, sorgeva prepotente la voglia di raccontare e di raccontarsi, sicché alla fine, col passare degli anni, Tano e Nunzia divennero anche i depositari ed i custodi dei segreti di ognuno, condividendo avvenimenti belli e brutti della loro vita, le gioie ed i dolori che ciascuno si portava dentro.
Si restava a tavola per ore ed ore, finché anche quei lunghissimi pomeriggi d’estate impallidivano, senza che nessuno avesse mai il coraggio di essere il primo ad alzarsi per iniziare i saluti. Quei commiati e quegli arrivederci all’anno successivo erano sempre uno strazio, venati com’erano di nostalgia e di malinconia. Quella gente faceva veramente fatica a staccarsi da quel luogo, consapevoli di avere vissuto attimi di tempo “sospeso”, e che quell’incantesimo non si sarebbe ripetuto fino alla prossima estate.
Loro, da perfetti padroni di casa, capivano tutto e non facevano andare via mai nessuno senza un sacchetto di dolci fatti in casa, o una bottiglia di malvasia, oppure ancora uno dei tanti sassi di mare che Nunzia stessa dipingeva durante l’inverno e che avevano per soggetto i paesaggi colorati di Gelso. Era il loro personale, delicato congedo da quella gente, un modo di alleggerire il peso di quel distacco e di accompagnarli in qualche modo durante il rientro in città; era la loro personale pacca sulle spalle per tutto il freddo dei giorni che sarebbero arrivati.
AVVISO. L'assessore Max Taranto informa che prosegue il servizio di deratizzazione in tutto il territorio comunale. I cittadini si invitano a non toccare ed a non far avvicinare animali, perchè le scatole contenenti esche topicide sono nocive e velenose.