Legalità e ideologia

Il mantra ossessivo che esalta e difende l'indipendenza della magistratura è divenuto un batterio resistente a qualsiasi antibiotico: una malattia endemica con picchi epidemiologici fuori controllo. L'ultima sentenza della Cassazione, che impone il risarcimento ai migranti tenuti sulla nave Diciotti, è l'esempio più eclatante della supremazia culturale e ideologica che le toghe si attribuiscono sull'esecutivo e sul parlamento.

È grave che la cosiddetta opposizione difenda tale delirio di onnipotenza i cui esiti sono nefasti. I migranti tenuti sulla nave Diciotti, in attesa di collocazione, hanno chiesto un risarcimento perchè limitati nella loro libertà e la Suprema Corte ha dato loro ragione. Tale sentenza offrirà il destro a tutta l'Africa di richiedere un risarcimento anche ex post al governo italiano. In realtà questi fuggitivi dovrebbero chiedere un indennizzo ai governi dei loro Paesi da cui sono fuggiti perchè vessati e torturati, non al Paese che li accoglie e tenta di ricollocarli.

La magistratura, Chiesa e Stato, la pensa diversamente e nessuno può opporsi a tale decisione, grazie a questa sbandierata indipendenza satrapica che non ha similitudine in qualunque ordinamento giudiziario occidentale. Questi giudici non solo sono immuni da qualunque responsabilità civile, sono convinti di essere sintesi del Corano e della Bibbia e detentori del concetto del Bene e del Male. In reatà sono soltanto dei dipendenti al soldo dello Stato che scioperano anche contro il loro datore di lavoro per mantenere privilegi medievali.
Tale situazione è intollerabile, non più accettabile.

Il governo Meloni ha legittimamente la guida del Paese e ha una maggioranza parlamentare schiacciante: promulghi leggi e ridimensioni l'incontrollato potere che questa magistratura detiene invece di ricevere il sindacato della magistratura. Nè è concepibile accettare che coloro che sono lautamente pagati per garantire la legalità assumano anche toni ideologici e sventolino bandiere di partito.
Il M5S, il PD e Avs cercano candidati: smettano la toga e si sottopongano al giudizio delle urne.......anche nel plurinominale .....dove addirittura non bisogna nemmeno cercarsi il consenso.

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Il giocatore di poker

Il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, come un giocatore di poker continua ad alzare la posta nella convinzione che gli altri giocatori passino la mano impauriti dal rilancio.
È una tecnica nota a chi è uso sedersi al tavolo verde, ma a volte succede che qualche giocatore veda il rilancio e scopra il bluff. La tecnica del rilancio allora si sgonfia, soprattutto la supremazia psicologica scema e il gioco cambia protagonista. Ma anche se il bluff non è svelato, colui che rilanciando all'infinito umilia gli altri compagni di gioco, rischia di rimanere da solo al tavolo e di non trovare più altri giocatori con cui giocare.

Donald Trump è un ottimo giocatore e rappresenta il Paese più importante del mondo, non può tuttavia giocare da solo, perchè il gioco di per sè non lo permette. Gli Stati Uniti d'America senza alleati non possono dirigere il mondo, rischierebbero una autarchia sterile e senza futuro. Dovrebbe ricordare il presidente Trump che la civiltà nata in Egitto venne plasmata da greci e romani, che non cacciavano bisonti con le frecce introdussero, invece, il diritto e crearono opere imperiture su cui si regge l'umanità tutta.

Ancora, il presidente degli Stati Uniti, dovrebbe essere conscio che il suo Paese non è amato da gran parte del mondo, di conseguenza privo di alleati fedeli e leali il sogno americano potrebbe trasformarsi in un incubo. Un uomo che vince non può essere convinto di stravincere soprattutto se è centrale nella geopolitica mondiale. Alcuni problemi posti sono reali e giustamente vanno presi di petto e risolti, non deve dimenticare, però, che nemmeno il Paese più potente del mondo può dileggiare l'Europa culla di civiltà e umanesimo. La sbronza del potere può essere letale anche per l'uomo più potente della terra.

Il calcio metafora di una città

Politica e delegittimazione

C'era una volta la politica. I partiti erano la cantera e preparavano i propri giocatori al debutto: solo alcuni erano fuoriclasse ma nessuno era un brocco.
Oggi, al contrario, il panorama politico è rappresentato da modestissimi interpreti simili a nani e ballerine. Nemmeno Diogene con la sua lanterna riuscirebbe a trovare tracce autentiche di politica, ormai sostituita dalla delegittimazione dell'avversario considerato nemico da eliminare con le armi della maldicenza e della giustizia.

Il PD è il massimo interprete di questa metamorfosi. Tutto incominciò con la discesa in campo di Silvio Berlusconi, l'alieno che ruppe gli schemi. L'armata rossa di Occhetto non lo vide arrivare e non ha mai più superato questo trauma.
La delegittimazione divenne quindi l'arma del contrasto e si sostituì alla politica. Persisteva in quegli anni, tuttavia, un barlume di dialettica politica costituita da visione e programmi, ma lentamente tutto evaporò e si affermarono comici, giullari e armocromisti.

Poichè questi non sono stati educati alla politica ossia all'arte dello Stato, si sono inventati la delegittimazione dell'avversario come unica forma di contrasto e le denunce seriali di cui Bonelli è incontrastato capocannoniere. Ma al peggio non c'è mai fine. L'armocromista segretaria del PD ha dichiarato: Donald Trump non potrà mai essere nostro alleato! Basaglia, quando chiuse i manicomi, non aveva previsto un simile scenario.

Per un pugno di voti

Vi fu il partito a vocazione maggioritaria di Veltroni, poi il duo Zingaretti-Bettini si inventò il campo largo e infine il gran visir Franceschini ha riscoperto il proporzionale: marciare divisi per colpire uniti. La segretaria movimentista ha sposato l'ideologia del bla bla bla cioè della contestazione di tutto e della risoluzione del nulla, convinta che Bonelli e Fratoianni ma soprattutto il partito di Conte rappresentano il mezzo per abbattere Meloni e conquistare Palazzo Chigi.

Per un pugno di voti, la signorina Schlein, donna di sublimi ideali e battaglie epocali, sta confondendo il fumo con l'arrosto. Nonostante parte del suo partito manifesti patologie dermatologiche a contatto con i grillini, la segretaria pare affetta da un sentimento tossico nei confronti dello statista di Volturara Appula, che come un gallo cedrone si compiace di tale attenzione e si pavoneggia non solo con la pochette ma, poveri noi, con sofismi socio-culturali ad indirizzo politico. Ma quanto vale il M5S in termini elettorali? I sondaggi lo accreditano al 10 per cento.

Se ciò fosse vero, poichè il PD non pare possa superare la percentuale di consenso che oggi detiene, la dote grillina sarebbe grama. Altra considerazione: Calenda non parteciperà mai a queste nozze e Renzi non è ospite gradito alla cerimonia. Sembra dunque un matrimonio che non sa da fare nonostante l'infatuazione della segretaria del PD! Perchè allora tanta insistenza per un pugno di voti. Molto meglio rivedere allora "Per un pugno di dollari" di Sergio Leone.

Movimentismo immobile

Insieme al politicamente corretto, abbecedario di ciò che è sempre giusto e opportuno, un nuovo concetto si è impadronito del PD: il movimentismo immobile. La teorica di questa originale invenzione fisica è la segretaria del partito democratico. Ella rappresenta la raffigurazione di un continuo divenire senza meta, una anima in pena che vaga in un cerchio dantesco. Ossessionata da Meloni al punto da non articolare una frase senza menzionarla, dà la senzazione di un tapin roulant: si muove stando ferma.

La ripetitività dei concetti è causa di cefalea, la narrazione un bla bla bla fumoso e privo di proposte, i fini perseguiti avvolti nel mistero. Lo scopo di questo divenire statico non è comprensibile, soprattutto non si riesce a capire il punto d'arrivo di questo movimentismo immobile di cui è portabandiera. Verrebbe da dire che non si è vista nè arrivare nè stazionare. Un fantasma. Nonostante sia circondata da un gruppo adorante, presto dovrà fare i conti con la realtà rappresentata dalle elezioni regionali.

Osteggia i cosiddetti cacicchi che portano consenso, non può tuttavia solo dimenandosi con i suoi pretoriani ritenere di vincere in Puglia e Campania. E sarebbe grave, perchè la poverina, come non si è vista arrivare non si vedrebbe nemmeno sparire. Proprio come un fantasma. Franceschini, il plenipotenziario del PD, che contro i circoli l'ha fatta eleggere con il suo appoggio determinante, ha recentemente emesso una fatwa! La segretaria movimentista l'avrà capita? Dubito ergo sum.

Da Varenne a ronzino

C'erano nella prima Repubblica due cavalli di razza, appartenevano alla scuderia della DC. Uno di questi era toscano di Arezzo: Amintore Fanfani. A tutti era sembrato, dopo la dissoluzione della prima Repubblica, che la Toscana avesse prodotto, a miracolo mostrare, un'altro cavallo di razza: Matteo Renzi. Per quanti hanno creduto in questa metempsicosi la delusione è stata molto dolorosa. Ha illuso l'illustre cittadino di Rignano d'Arno di essere un purosangue, vero figlio di Varenne. In tanti hanno scommesso su di lui quando ha vinto al Parco dei Principi, ma anche quando ha perso in ippodromi meno blasonati.

Gli si riconosceva capacità di galoppo e spregiudicatezza agonistica, insomma gli allibratori ritenevano che avesse i geni del purosangue. Purtroppo Matteo Renzi non ha dimostrato di essere un vero purosangue. Il galoppo ha perso vigore e, nonostante i continui cambi di scuderia, i risultati non sono stati adeguati. Le gare a cui ha partecipato (Nazionali e Europee) non lo hanno qualificato: non ha superato le batterie e non ha potuto competere per le finali e di conseguenza pochi ippodromi accettano ormai l'iscrizione alle gare.

Ma il nostro non demorde ed è tornato al vecchio box gestito dal PD convinto che in qualche collegio ippico sarà ammesso. Intanto legge Collodi e attribuisce nomignoli all'unico vero cavallo di razza in gara su ippodromi internazionali inche è in grado di vincere.
Non è Varenne ma un ronzino, che può gareggiare solo con Conte e Schlein in terza fila, financo dietro Bonelli e Fratoianni.

29 Aprile 1993: la resa della politica

Il 29 Aprile del 1993 fu una giornata particolare, la dorsale fra un prima e un dopo: la Caporetto della politica. In quel giorno il parlamento, a scrutinio segreto, votò quattro no e due si alle richieste di autorizzazione a procedere contro Bettino Craxi, il politico più rappresentativo e capace della prima Repubblica dopo Alcide de Gasperi. Da lì a poco, il 12 maggio del 1993, il parlamento con una maggioranza mai riscontrata abroga l'art. 68 della Costituzione (relatore Ferdinando Casini). L'art.68 della Costituzione, fortemente voluto da Palmiro Togliatti, garantiva ai deputati l'immunità parlamentare, che svanisce con il voto del 12 Maggio del 1993.

Il Presidente della Repubblica dell'epoca Francesco Cossiga commentò la votazione come "la vile e demagogica resa del Parlamento a Mani Pulite". Mai commento è stato più divinatorio! Il declino della politica -arte dello Stato- (definizione di N.Macchiavelli) ha una data di nascita ben precisa ed è originato dal cinico e stupido tornaconto della classe politica: convinta che una resa incondizionata verso la magistratura l'avrebbe salvata. La consegna di Bettino Craxi fu il tentativo di farla franca e di accreditarsi come "i puri e buoni".

Nemmeno il discorso del leader socialista davanti a tutti i deputati, riuscí a vincere l'ignavia e l'appecoramento di fronte ai giudici. Da allora il potere giudiziario ha preso il sopravvento e condiziona ogni aspetto della vita politica e sociale di questo Paese. La politica è succube della magistratura che detiene un potere di vita e di morte sulle persone e sulle istituzioni.

Nonostante gli scandali che ne hanno sporcato l'immagine e i casi quotidiani di malagiustizia, la politica non è capace di arginare la tracotanza delle toghe, non è all'altezza del compito. Essa è avvitata in sterili polemiche che manifestano pochezza morale e assenza di proposte. Se cosí non fosse non sarebbero diventati personaggi persino Conte, Salis e Soumahoro, soprattutto l'opposizione non avrebbe bisogno di opinionisti inqualificabili.

Un sistema costruito e retto da tre componenti necessita, per essere stabile ed efficiente, della tenuta dei tre elementi. La forma di Stato sancita dalla nostra Costituzione si fonda su pilastri rappresentati da tre poteri: esecutivo, legislativo, giudiziario.

Due di questi non funzionano, perchè bisognosi di ristrutturazione profonda e incisiva e, un mancato intervento rischia di fare crollare l'intera struttura. La struttura ha un nome specifico: democrazia. La legge elettorale che nomina e non elegge i rappresentanti del popolo è un vulnus che ha allontanato i cittadini dalle urne.

Vota, infatti, meno della metà degli aventi diritto, perchè i parlamentari sono scelti dalle segreterie di partito e non dagli elettori e perchè molto spesso questi prescelti non appartengono nemmeno al territorio dove sono nominati. Esempio paradigmatico: il gran Visir del PD, Dario Franceschini, è stato eletto (nominato) in Campania. Cosa c'azzecca Ferrara con il collegio di Pompei? Quale competenza e sensibilità sociale questo legislatore può manifestare verso la popolazione iscritta nelle liste elettorali di questo territorio?

La risposta all'interrogativo è una delle cause principali delle urne vuote. La rappresentanza, massima espressione del voto, è stata cancellata da una legge elettorale vergognosa creata per garantire seggi a nani e ballerine fedeli al leader di partito di turno. Le urne vuote sono una ferita grave per la democrazia.

A questo vulnus si è aggiunta una crepa che rischia di fare cadere l'intera impalcatura dello Stato: la crisi irreversibile della Giustizia. Manifestatasi con tangentopoli, divenuta nel corso degli anni una patologia ingravescente, necessita di una terapia specifica non più medica ma chirurgica. Come primo atto bisogna intervenire, mediante exeresi, sulla obbligatorietà dell'azione penale la cui soggettiva interpretazione è sovente causa di gangrena.

Far capire, poi, che l'Anm (Associazione nazionale magistrati) non è un organo costituzionale ma solo una associazione privata e, che come tale, non può permettersi di promuovere azioni dimostrative incongrue come quelle messe in atto durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario, nè opporsi come un movimento antagonista di fronte al potere legislativo. Questa casta non è la Costituzione, ne fa parte, insieme al potere esecutivo e legislativo. Viviamo in una Repubblica parlamentare non in una Repubblica giudiziaria.

Il gioco sporco

La riforma della giustizia non è tollerata dai magistrati, l'opposizione annaspa ed è priva di proposte e contenuti, ancora di più i sondaggi prefigurano la vittoria del centrodestra.
Bisogna, tuttavia, impedire al governo di concludere la legislatura. Come fare? Archiviata la rivolta sociale di Landini, l'unica arma sempre oleata e pronta all'uso è rappresentata dalla magistratura.

Grazie ad una bestemmia dottrinaria ossia l'obbligatorietà dell'azione penale, le Procure fanno e disfano senza dovere rispondere del loro operato. In virtù di questo comandamento da trent'anni si sono impossessati della vita delle persone condizionando economia, leggi, investimenti e l'attività del governo. Non esiste corporazione cosí arroccata come la magistratura, nonostante non goda più di alcuna credibilità. Per ignavia della politica le viene ancora consentito di spadroneggiare e condizionare la vita pubblica e di incidere sulla carne viva dei cittadini. Non amministra giustizia, ma difende i propri privilegi con arroganza e senza pudore.

Questo governo è mal digerito e palesemente inviso: va abbattuto. Il caso Almasri è patognomonico: l'avviso di garanzia, inviato al Presidente del Consiglio, a due ministri e ad un sottosegretario alla presidenza, non può avere nessun esito, ma ha creato subbuglio permettendo alla opposizione, priva di argomenti, di imbastire un cinepanettone. Film già prodotto e visto in tangentopoli, quando le toghe venivano percepite da gran parte dell'opinione pubblica come apostoli del bene, oggi questo sentimento non esiste più ed è stato sostituito da insofferenza e paura.

Il Sistema giudiziario svelato da Palamara, ha avuto nelle sentenze Consip, trattativa Stato-mafia, processo Salvini (l'elenco occuperebbe intere paginate) prove inconfutabili dell'operato politico della magistratura. Viviamo in una Repubblica parlamentare basata sul voto dei cittadini e la Magistratura, anche se non condivide l'esito elettorale, lo deve rispettare. L'opposizione che tiene la coda alle Procure dovrebbe saperlo. Dante Alighieri pose gli ignavi nell'antiinferno perchè non degni di un luogo specifico. Un gioco senza regole non conviene nè al principe dei camaleonti e nemmeno al partito che vuole governare senza il consenso degli elettori. È un concetto semplice e chiaro che una massima conferma: chi di spada ferisce, di spada perisce.

La strategia elettorale del gran Visir

Dario Franceschini, da Ferrara, è il gran Visir del PD, perchè la corrente che rappresenta all'interno del partito è maggioritaria. Conscio del fallimento del progetto del campo largo, ha delineato, in una intervista, tattica e strategia per le future elezioni: "marciare divisi e colpire uniti". Il M5S che ormai è un pallone sgonfio plaude, convinto di salvare faccia e identitá e non essere relegato a ruota di scorta in una coalizione. Il gran Visir ipotizza la creazione di un centro liberale che spezzi il duopolio, convinto che questa araba fenice sarebbe alleata del PD e quindi avere i numeri parlamentari per governare.

Ma perchè una ipotetica forza di centro dovrebbe allearsi con PD, Avs e M5S? Risulta difficile ipotizzare che anime cattoliche e liberali possano sposare i deliri di Bonelli - Fratoianni e di Conte, anche se quest'ultimo è capacissimo di mutazioni genetiche repentine camaleontiche. Quale messaggio Franceschini ha lanciato?

Dopo avere fatto eleggere Schlein, forse ha capito che la segretaria del bla bla bla ha deluso e non ha più benzina nel serbatoio. Evaporato il disegno di Bettini e Zingaretti che avevano incoronato l'avvocato di Volturara Appula "punto di riferimento del riformismo", atomizzato il campo largo del mitico Bersani, Franceschini (ex DC) auspica un centro alleato. Sognare non costa nulla, anche se dal dire al fare, recita una massima, c'è di mezzo il mare. Poi manca tanto ancora alla fine della legislatura.....ma la vacuità di questa opposizione va riempita con formule elettorali.

Frasi fuori senno e parole vergognose

A Moni Ovadia e Roberto Saviano andrebbe conferito un premio particolare: l'Oscar delle frasi fuori senno e delle parole vergognose. Ambedue sono icone del bene assoluto, simulacri viventi del politicamente corretto e vessilli della sinistra. Il primo, in una manifestazione istituzionale a Massa Carrara, ha fatto inorridire gli astanti giustificando "il pogrom di Hamas contro gli ebrei", il secondo ha augurato al padrone di Tesla di "essere maledetto".

Sono frasi vergognose e ingiustificabili espressione di odio viscerale e di un pensiero malato. Non si tratta di opinioni contrapposte, ma di un vero fascismo mascherato da ideologie deliranti. Come si è affermata la mafia dell'antimafia al punto da mascariare la verità, i due intellettuali con le loro esternazioni, rappresentano i teorici di una nuova corrente di pensiero: il fascismo dell'antifascismo. Non sono solo cattivi maestri, ma figuri incapaci di trattenere l'odio che li consuma e che rappresenta l'ossigeno della loro esistenza. Non debbono essere considerati apostoli del bene, nè celebrati e vezzeggiati nei salotti televisivi, al contrario dovrebbero essere ridimensionati culturalmente e soprattutto non presi ad esempio.

Ma se ciò avvenisse cosa resterebbe alla sinistra? Nulla. Le frasi pronunciate sono una istigazione all'odio, un messaggio da contrastare in ogni forma. Di cattivi maestri, il Paese è stato prolifico nel recente passato e purtroppo ancora oggi si vedono i risultati. Di fronte a simili oscenità si resta sgomenti e senza parole. La forza e la maturità di un popolo, tuttavia, si manifesta in queste circostanze. Difendere la democrazia significa isolare simili personaggi, non dare la possibilità di inquinare i pozzi della verità e di manipolare la storia.

Il vizio di demonizzare il vincitore

I cromosomi X e Y definiscono il sesso nonostante la cultura woke e le teorie gender vogliano manipolare il DNA. Solo un cromosoma non è soggetto a mutazione genetica: il cromosoma responsabile del vizio di demonizzare il vincitore. È questo il gene distintivo della cosiddetta sinistra che non riconosce la sconfitta, soprattutto non riesce ad accettare di essere stata messa da parte dalla storia e dagli elettori. L'elezione di Donald Trump a Presidente degli Stati Uniti ha reso più acuto il livore e accentuato la demonizzazione del vincitore.

È un atteggiamento ormai consueto e ripetuto che ha stancato i cittadini, i quali vorrebbero proposte e soluzioni. Purtroppo questa sinistra non è in grado di proporre un progetto o indicare una strada. Si compiace di criticare, di evocare fantasmi inesistenti e annunciare l'avvento di una apocalisse incombente. Il gioco non funziona, nonostante l'impegno indefesso della stampa e delle TV amiche che hanno ormai assunto il ruolo di legulei. Considerano Trump un reietto, un impostore, una malformazione cromosomica, un uomo che porterà il mondo indietro nella storia. Non è accettabile per questi compagni da salotto accettare che esistono due generi, che l'immigrazione clandestina va repressa, che Hamas è una formazione di assassini, che a scuola bisogna andare per studiare, che la giustizia non può essere adoperata per fini politici, che non si è omofobi se non si accetta la cultura woke.

Demonizzare quanti ritengono validi questi principi è il solo scopo della loro attività politica basata su un concetto di superiorità morale e intellettiva. LGBT, orsi e cani rappresentano i valori a cui si ispirano, mentre l'economia e le condizioni sociali del Paese sono argomenti per i quali mostrano disinteresse, di più considerano la giustizia e la sicurezza clave utili a colpire l'esecutivo. Immaginare un governo con Schlein, Fratoianni e Bonelli, ministeri guidati da Salis e Soumahoro con Landini ministro dell'economia non potrebbe essere giustificato nemmeno dalla saccente superiorità che purtroppo credono possedere. Gli elettori lo hanno capito molto bene.

I faraoni d'Italia

Il sindacato dei magistrati (ANM) ha deciso di ribellarsi al parlamento, organo legislativo sovrano eletto dai cittadini. Il suo presidente, Santalucia non pago delle reiterate incongrue esternazioni partorite, ha dichiarato che i magistrati usciranno dall'aula in segno di ribellione nei confronti del ministro della Giustizia o di altro rappresentante del governo durante la cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario. Un simile affronto dimostra che la magistratura non è un organo indipendente bensí una consorteria: una casta che si crede intoccabile, una dinastia faraonica. Contesta esecutivo e parlamento, che con ritardo colpevole sta approvando una riforma della giustizia atta a garantire i cittadini spogli e indifesi di fronte alla satrapia di pubblici ministeri tronfi e molto spesso incompetenti.

Non vi è in questa riforma nessuna sottomissione del PM all'esecutivo semmai si rende indipendente Gip e Gup dall'ingerenza della pubblica accusa, nella speranza che il diritto sia la vera strada maestra del giudizio. La Costituzione tanto sbandierata da questi apostoli è stata più volte asservita agli interessi di questa casta che negli ultimi trent'anni ha assunto i poteri di un Faraone. A differenza degli dei viventi dell'antico Egitto, i magistrati italiani non hanno costruito opere immortali, al contrario hanno demolito con la loro arroganza e incompetenza la credibilità che i cittadini avevano nella Giustizia. Esecutivo e Parlamento non devono contestare le sentenze dei magistrati, eppure una casta di dipendenti pubblici stipendiati dallo Stato contesta lo Stato, ossia l'organo legislativo e esecutivo che li paga profumatamente e li ha resi immuni dalla responsabilità civile. Il Presidente della Repubblica tace, ma è loquace e fa sentire la sua voce in tante vicende meno sensibili.

Sono centinaia i casi di malagiustizia documentati e di rinvii a giudizio esitati, dopo anni di sofferenze fisiche e morali, in assoluzioni. Il PD dovrebbe arrossire nel pensare i dieci processi cui è stato sottoposto Bassolino (sempre assolto), ma tutti dovremmo ricordare Bettino Craxi, il cui sacrificio ha rappresentato la dorsale del prima e del dopo, il natale della nuova dinastia faraonica, che non è figlia del dio Horus ma solo di arroganza e narcisismo.

Scappati di casa

L'espressione colorita venne formulata da Silvio Berlusconi, uomo dal multiforme ingegno, per definire i grillini. Dopo tanti anni, il giudizio si è rivelato profetico. Il caso Todde, Presidente Regione Sardegna, ne è plastica raffigurazione. Non interessa l'aspetto giudiziario, ma non si può non rilevare l'incompetenza e la sciatteria di chi ha ritenuto di potersi presentare come una novella Grazia Deledda. Le giustificazioni, poi, sono ridicole al pari dell'ostentata sicumera manifestata nelle interviste passate e presenti rilasciate a conduttori e giornalisti di pura fede antifascista e depositari del Verbo. Alessandra Todde e il M5S hanno superato il muro del ridicolo e del suono, perchè privi di contenuti e di basilare preparazione.

Un vecchio saggio recita che "i nodi vengono al pettine", infatti nessuno parla più di decrescita felice e di scie chimiche o di altre amenità, responsabili di iati finanziari che hanno fatto crescere a dismisura il debito pubblico e peggiorato il tessuto sociale. L'arroganza morale è ciò che resta del mondo grillino, ma poichè chi di spada ferisce, di spada perisce non possono essere sottaciuti i fatti di cronaca che hanno reso protagonisti i faraoni del giustizialismo grillino (de Raho e Scarpinato) nè può passare inosservato il parricidio consumato nei confronti di Grillo, su cui la nuova Deledda sarda ha espresso giudizi poco lusinghieri.

Hanno dimenticato, questi scappati di casa, che il comico è stato il loro dio Horus. La gratitudine, diceva Andreotti, è sentimento del giorno prima, ma fra ingratitudine e parricidio c'è una grande differenza. La stessa che esiste fra moralità e amoralità. Ma il mondo del M5S non ha letto la "Politica" di Plutarco, è stato il frutto di un declino della politica e di una selva oscura su cui si spera possa arrivare la luce.

L' Epifania di Giorgia Meloni

L'Epifania celebra la manifestazione di Gesù all'umanità. Il Presidente del Consiglio, dopo l'incontro con Trump in Florida, si è manifestata nitidamente a tutta la comunità internazionale che le ha tributato il giusto riconoscimento. La strada dell'underdog non era facile: succedeva a Draghi stimato in tutto il mondo e ha avuto da subito l'ostilitá della stampa nazionale. I suoi compagni di viaggio spesso non sono stati Visir avveduti, al contrario le hanno creato problemi, nonostante ciò Giorgia Meloni con schiena dritta e caparbietà ammirevoli si è conquistata un ruolo politico internazionale non previsto dalle Cassandre.

Aleggia, pertanto, sconforto fra i denigratori per i quali si preannuncia una lunga quaresima durante la quale dovrebbero praticare efficaci esercizi spirituali. La protervia di cui è malata questa opposizione non permetterà riflessioni adeguate nè resipiscenze, di conseguenza il prestigio che la premier ha conquistato per sue indubbie capacità, si rafforzerá per l'insipienza dei suoi oppositori. L'attraversata del deserto del cosiddetto campo largo rischia di fare perdere l'orientamento alle truppe cammellate guidate da guide improbabili. Giorgia Meloni deve temere di più l'intemperanza dei suoi alleati: il resto non è in grado di arrecarle danni.
Petrarca definirebbe Schlein e soci "nugae nugellae".

La necessità politica di un centro

La bontà di due forze politiche, che si alternino nel governo del Paese è espressione di maturitá e permette agli elettori di scegliere e giudicare l'operato del vincitore (il cosiddetto bipolarismo).

Succede così in molti Stati: Gran Bretagna e Stati Uniti sono esempi dove tale formula elettorale è compiuta. In Italia il bipolarismo zoppica, perchè i partiti più votati non hanno la forza da soli di governare. Sono nate quindi le coalizioni, che manifestano crepe perchè costituite da forze politiche spesso non omogenee e animate solo dal desiderio di piantare bandierine identitarie per racimolare qualche voto in più. Centrodestra e centrosinistra sono infatti due luoghi astratti tenuti insieme dal premio di maggioranza, piuttosto che da una visione programmatica e da una coesa e comune azione di governo. Le diatribe quotidiane, anche nel blocco consolidato del centrodestra, ne sono plastica raffigurazione.

È ipocrisia spiegare i contrasti con la giustificazione della diversa sensibilità politica o della dialettica costruttiva. Ne deriva la necessità di un soggetto politico, consistente per consenso, capace di equilibrare e evitare deragliamenti inopportuni. La nascita di un centro moderato-liberale-riformista, che faccia da punto di gravitá non solo parlamentare ma soprattutto politico, appare ineludibile e terapeutico per affrontare le sfide epocali che attendono il Paese.

Ma il centro non può essere inteso come un punto geografico o una zona franca dove sistemare personaggi in cerca d'autore, esso deve rappresentare un laboratorio permanente dove la politica è intesa come "arte dello Stato", scienza al servizio dei cittadini, non un palcoscenico dove recitare un copione scadente. Che la politica sia arte non Zelig, Renzi e Calenda lo hanno sperimentato: dagli errori si dovrebbe imparare.

L'altra faccia della Legge

Non è il titolo di un film western, ma una obiettiva riflessione. Il Pm Michele Ruggiero, colpevole di reati gravissimi non è stato interdetto dal suo ruolo, è stato solo sospeso per due anni con riduzione del 50% dello stipendio e per di più designato ad altra sede. In pratica questo magistrato non è sospeso dalle sue funzioni per gli orrori commessi su cittadini incolpevoli, ma viene cautelato e pagato con una nuova funzione. Gli si garantisce in tal modo la possibilità di reiterare misfatti assegnandolo alla Giustizia civile, come se tale giurisdizione fosse più lieve e meno importante. Palamara, invece, è stato espulso con ignominia, ma aveva svelato "Il Sistema": reato imperdonabile.

È opportuno segnalare come tanti medici, per reati meno gravi di quelli per cui è stato condannato Ruggiero sono stati privati del ruolo e radiati dall'Ordine ed è strano che il Dott. Santalucia, insigne giurista e sindacalista delle toghe, non esprima il suo autorevole commento! Nonostante ciò sono numerosi quelli che si indignano, profetizzando una dittatura, e si oppongono di fronte ad una sacrosanta riforma della giustizia. I due partiti schierati come muro macedone a difesa dei magistrati sono noti: PD e M5S. Il primo mostra riconoscenza perchè graziato da Mani Pulite, il secondo è espressione del nulla cosmico e di un giustizialismo cinico, opportunistico e privo di principi. Open, Open Arms, Consip, Trattativa Stato-mafia, Beniamino Zuncheddu e migliaia di altri casi di malagiustizia, dovrebbero indurre il legislatore ad approvare una riforma della giustizia senza tentennamenti e condizionamenti. La separazione delle carriere è il primo step: con questa si rompe il rapporto patologico fra Pm, Gip e Gup, che rende questi ultimi figurine pavide e succubi dell'azione del pubblico ministero.

Bisognerebbe, poi, ridimensionare il concetto sacrale della obbligatorietà dell'azione penale (fonte di sorprusi intollerabili) e imporre la assoluta certezza della prova nella fase delle indagini preliminari per impedire inchieste costruite per scopi ideologici e mediatici. Altro punto fondamentale è la responsabilità civile dei magistrati: non è comprensibile perchè qualunque categoria professionale è soggetta a tale responsabilità, mentre i magistrati ne sono esenti. Ciò li renderebbe più responsabili e meno arroganti. Soprattutto non ci sarebbe un'altra faccia della Legge.

Prodi e Schlein scrivono a Babbo Natale

Il padre nobile e la movimentista della sinistra, illudono il loro campo facendo balenare elezioni anticipate ossia la caduta del governo Meloni. È vero che Babbo Natale accoglie tutte le richieste, ma purtroppo non riesce a esaudirle tutte. Quando, infatti, Babbo Natale ha ricevuto queste letterine, le ha cestinate perchè consapevole di non potere accontentare la richiesta. Dispiaciuto ha fatto pervenire, tuttavia, ai due richiedenti una risposta: "per sostituire questo governo non basta desiderarlo".

Prodi e Schlein speravano di potere disarcionate l'esecutivo con una richiesta e di sostituirsi ad esso, memori di un recente passato. Le condizioni sono mutate e non hanno visto arrivare questo insolito cambiamento: governa chi vince le elezioni. Non debbono disperare, perchè non essendoci un regime dittatoriale, possono partecipare e magari vincere quando a scadenza della legislatura, saranno indette nuove libere elezioni.

Sembra, però, che questa lineare procedura non appartenga ai due tenori e nemmeno al coro che li sostiene nel loro canto. Forse si illudono, che i conduttori TV amici, possono convincere Babbo Natale ad esaudire i loro desideri. Sarebbe più opportuno imparare a fare opposizione e spiegare ai cittadini come intendono risolvere i problemi con proposte realistiche e concrete. Ad oggi sembrano più interessati a spiegare il sesso degli angeli, argomento che non affascina più gli elettori.

Il vaso è colmo

Ascoltare e leggere le argomentazioni del sindacalista delle toghe, il Dott.Giuseppe Santalucia, lascia sgomenti e fa comprendere i motivi per i quali consenso e credibilità del terzo pilastro dello Stato (la magistratura) sono ridotti a numeri relativi. In un talk show, il presidente dell'Anm, ha dialogato con la figlia di Enzo Tortora. Argomento: la non opportunità di istituire una giornata di commemorazione per le vittime di malagiustizia. La tesi sostenuta dal togato è una difesa della casta attraverso uno schermo per impedire di vedere le conseguenze di una malagiustizia: istituire una giornata per le vittime di una Giustizia ingiusta, per Santalucia, creerebbe nocumento al prestigio e alla credibilità della magistratura.

Questa tesi lascia basiti, ma dove l'apostolo delle toghe ha raggiunto l'apoteosi dell'ineffabile è quando ha equiparato malagiustizia e malasanità. Ignorante è colui che ignora (non è quindi un'offesa): in questa equiparazione il Dott.Santalucia ha dimostrato tutta la sua ignoranza. Un medico che risulta colpevole subisce una condanna civile e penale, non risulta che il magistrato che ha condannato Enzo Tortora sia stato punito, addirittura siede nel Csm, organo giudicante dei magistrati (Aldo Grasso: Corriere della Sera). Migliaia sono i casi di malagiustizia, ingenti i risarcimenti che lo Stato paga (mentre i magistrati non pagano)!

L'equiparazione malagiustizia e malasanità è pertanto incongrua e mistificatoria e gli Ordini dei Medici dovrebbero fare sentire la loro voce. Da tangentopoli il Paese è succube di una teocrazia giudiziaria che condiziona ogni aspetto della vita civile, ciò perchè la magistratura "non amministra la giustizia si ritiene essa stessa Giustizia". Ha interpretato l'art.32 della Costituzione - da diritto alle migliori cure in diritto di guarigione - causando un aumento dei contenziosi medicolegali non giustificabili. Come per gli altri reati si assiste, poi, in ambito sanitario al 95% di assoluzioni. Il danno, però, è irreversibile sia per l'erario pubblico (leggi medicina difensiva), sia sotto l'aspetto psicologico (leggi burnout).

Nonostante ciò la politica è pavida e il potere legislativo balbetta per approvare una riforma della giustizia necessaria sotto l'aspetto civile e economico. Indipendenza non significa sovrastare il potere legislativo e del governo, come la cronaca quotidianamente evidenzia (migrazione, riforma della giustizia, inchieste giudiziarie politiche). Il Presidente della Repubblica, custode della Costituzione e capo del CSM, non pare sensibile a questo vulnus, mentre mostra interesse per ogni altro aspetto della vita sociale e politica di questo Paese: dovrebbe invece da Magister intervenire.

Rose e spine del governo Meloni

Il giudizio di "Politico e Economist" su Giorgia Meloni conferma, se ce ne fosse stato bisogno, le virtù politiche del Presidente del Consiglio. Non stupisce l'acredine dell'opposizione e del cantore di Prodi (leggi Giannini), che dopo essere stato destituito per manifesta incapacità da Direttore della Stampa, è ospite fisso e fustigatore nel programma condotto con partigianeria vomitevole dalla pasionaria rossa Gruber. Ma i fatti contraddicono la narrazione della gauche nostrana: l'underdog ha vinto.

Fiore all'occhiello è la politica internazionale e il credito di cui gode nelle cancellerie per la linearità delle posizioni assunte e la lealtà dimostrata nei confronti del patto atlantico. Sicuramente la crisi politica francese e tedesca associata agli inciampi di Sanchez l'hanno favorita: resta il fatto che, da politica avveduta e pragmatica, ha saputo cogliere le opportunità che si sono presentate. La nomina di Fitto a commissario europeo con il ruolo di vicepresidente esecutivo, nonostante la contrarietà del PD, ha sancito una vittoria personale e del governo che presiede. La stabilità dell'esecutivo è un altra medaglia, che l'opposizione fa fatica ad accettare e metabolizzare, in virtù di una prassi consolidata che più volte le ha permesso di governare, senza avere il consenso, per meccanismi parlamentari definiti eufemisticamente "ribaltoni".

Non dovendosi preoccupare di una opposizione irrilevante per contenuti e strategie, la premier può inciampare solo se Lega e FI per narcisismo e incompetenza politica vorranno deragliare dalla retta via e tradire gli elettori. Il protagonismo sterile che spesso caratterizza gli alleati di governo rappresenta una spina acuminata, che può causare una grave infezione se non estratta in tempo utile. Sicuramente personaggi come Andrea Del Mastro delle Vedove e il Presidente del Senato, Ignazio La Russa, farebbero bene a non palesare il frutto neuronale della loro corteccia cerebrale, il silenzio conferirebbe ad ambedue maggiore prestigio e considerazione.

I commentatori politici giudicano insufficiente la classe dirigente di FdI, a volte a ragione, ma piacerebbe sapere il loro giudizio su Bonelli, Fratoianni, Conte e Schlein....solo per arricchire la nostra conoscenza.

La cecità dell'opposizione

Mentre in Europa i governi di Francia e Germania presentano una crisi irreversibile, in Italia il cosiddetto fronte repubblicano inneggia a Landini, nuovo leader di una opposizione che oppone solo parole e slogan. Al contempo nel mondo tre potenze manifestano un disegno imperiale. Russia, Cina e Turchia non nascondono più i loro disegni egemonici e fanno la voce grossa. In medio oriente Israele si oppone a questa palese egemonia per sopravvivere, ma è ostacolato e combattuto da tante anime pie occidentali che si battono ipocritamente il petto e gridano al genocidio.

Eppure la Corte Penale Europea e l'Onu non hanno chiesto l'arresto per i capi della teocrazia iraniana, nè si comprende come le forze Unifil non si siano accorti dei tunnel comunicanti con i loro alloggi, nè da dove siano arrivati i soldi per la loro costruzione o gli armamenti per Hamas e Hezbollah.

Non si vuole sapere o si preferisce ignorare per giustificare i sentimenti antisionisti e la pavida filosofia del politicamente corretto che fanno tanto chic.
Eppure la storia dovrebbe insegnare a comprendere che gli imperi non si sono realizzati per caso, al contrario sono stati pensati, perseguiti e sognati, come dimostra la conquista di Costantinopoli da parte degli ottomani guidati da Amhed II, che mise fine all'impero romano d'oriente.

Ma se il 29 Maggio del 1453, segna la fine della civiltà greco-romana, grazie al diritto romano, alla cultura greca e al cristianesimo (nonostante la caduta dell'impero) l'Europa ha mantenuto una sua storia e identità producendo benessere e riscatto sociale per secoli. Oggi non pare che i valori su cui l'Europa è fondata esistono più! Al contrario il fondamentalismo religioso e il sogno imperiale, sempre coltivato dai popoli asiatici e medio orientali, incombe sulla vita e l'esistenza degli Stati Europei.

Non sarebbe opportuno allora riflettere e agire in difesa di questo mondo occidentale, tanto denigrato dagli intellettuali e dagli analisti politici della sinistra, anche in relazione al fatto che una Eurasia comporterebbe la fine dei diritti LGBT, dei lupi e di tutte le evangeliche battaglie sulle diseguaglianze e le integrazioni. Ciò richiede tuttavia uno sforzo: distinguere diritti e doveri. Ma forse questo sforzo non coincide con il consenso e la visione sociale di questa opposizione.