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Dettagli...

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di Gaetano Sardella

Il 9 Maggio 1943 il Piroscafo di linea SANTAMARINA veniva silurato da un Sommergibile Inglese nel mare delle Eolie.

Trasportava civili. Morirono 62 persone.Anche noi abbiamo vissuto il dramma della guerra. Celebrata Santa Messa al Pozzo per ricordare i caduti.
Tutti uniti nel ricordo. 

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IL VIDEO RICORDO REALIZZATO DA PEPPE CIRINO 

Bartolino Leone

NOTIZIARIOEOLIE.IT 

9 MAGGIO 2014

Santa Marina Salina, il ricordo delle vittime del "piroscafo affondato" al largo di Vulcano. Le testimonianze e il videointerviste

9 MAGGIO 2015

Eolie, 75' anniversario dell'affondamento del piroscafo "Santamarina" silurato da un sommergibile inglese con 62 morti. Per non dimenticare

9 MAGGIO 2016

Da Santa Marina Salina in linea Linda Sidoti. Ricordato l'affondamento del piroscafo... I commenti

9 MAGGIO 2017

LE INTERVISTE DE "IL NOTIZIARIO". Eolie, 9 maggio 1943-9 maggio 2017: "74' anniversario dall'affondamento del piroscafo "Santamarina". Le iniziative ed i commenti. Per non dimenticare. VIDEO

27 GIUGNO 2017

Da Vinovo in linea Bartolino Ferlazzo "9 maggio per non dimenticare l'affondamento del piroscafo Santamarina...". L'intervento

Entriamo in un tempo che ci fa pensosi. «Tutti gli uomini vanno a Dio nella loro sofferenza, piangono per aiuto, chiedono felicità e pane, salvezza dalla malattia, dalla morte. Così fanno tutti, tutti, cristiani e pagani... Uomini vanno a Dio nella sua sofferenza, lo trovano povero, oltraggiato, senza tetto né pane, consunto... I cristiani stanno vicino a Dio nella sua sofferenza» (D. Bonhoeffer).

Quella sofferenza che allora bruciò nella passione di Gesù e oggi brucia nelle croci innumerevoli dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli. Questa è la settimana della suprema vicinanza, vi entriamo come cercatori d'oro. Anche isolati nelle loro case, i cristiani stanno vicino, sono in empatia vicini alla sofferenza di quanti chiedono vita, salute, pane, conforto; vicini come rabdomanti di dolore e di amore. E dove respirano meglio è la croce. Guardo il Calvario, e vedo un uomo nudo, inchiodato e morente. Un uomo con le braccia spalancate in un abbraccio che non rinnegherà mai. Un uomo che non chiede niente per sé, non grida da lì in cima: ricordatemi, cercate di capire, difendetemi... Si dimentica, e si preoccupa di chi gli muore a fianco: oggi, con me, sarai nel paradiso. Fondamento della fede cristiana è la cosa più bella del mondo: un atto di amore totale.

La suprema bellezza della storia è quella accaduta fuori Gerusalemme, sulla collina, dove il Figlio di Dio si lascia inchiodare, povero e nudo come un verme nel vento, per morire d'amore. La croce è l'innesto del cielo dentro la terra, il punto dove un amore eterno penetra nel tempo come una goccia di fuoco, e divampa. E scrive il suo racconto con l'alfabeto delle ferite, l'unico che non inganna. Da qui la commozione, lo stupore, l'innamoramento. Dopo duemila anni sentiamo anche noi come le donne, il centurione, il ladro, che nella Croce sta la suprema attrazione di Dio. So anche di non capire. Ma alla fine mi convince non un ragionamento sottile, ma l'eloquenza del cuore: «Perché la croce/ il sorriso/ la pena inumana ?/ Credimi/ è così semplice/ quando si ama» (J. Twardowski).

Tu che hai salvato gli altri, salva te stesso, se sei il Cristo. Lo dicono tutti, capi, soldati, il ladro: fa' un miracolo, conquistaci, imponiti, scendi dalla croce, e ti crederemo. Qualsiasi uomo, qualsiasi re, potendolo, scenderebbe dalla croce. Lui, no. Solo un Dio non scende dal legno (D.M. Turoldo), il nostro Dio. Perché i suoi figli non ne possono scendere. Io cercatore trovo qui la vicinanza assoluta: di Dio a me, di me a Dio; sulla croce trema quella passione di comunione che ha la forza di far tremare la pietra di ogni nostro sepolcro e di farvi entrare il respiro del mattino.

NOTIZIARIOEOLIE.IT 4 APRILE 2020

 

Per seguire le celebrazioni della Settimana Santa trasmesse dalla Chiesa Cattedrale di Lipari, basta cliccare il link di seguito. Grazie https://www.facebook.com/AssociazioneRadioamatoriEoliani/live

---Il racconto della risurrezione di Lazzaro è la pagina dove Gesù appare più umano. Lo vediamo fremere, piangere, commuoversi, gridare. Quando ama, l’uomo compie gesti divini; quando ama, Dio lo fa con gesti molto umani. Una forza scorre sotto tutte le parole del racconto: non è la vita che vince la morte.

La morte, nella realtà, vince e ingoia la vita. Invece ciò che vince la morte è l’amore. Tutti i presenti quel giorno a Betania se ne rendono conto: guardate come lo amava, dicono ammirati. E le sorelle coniano un nome bellissimo per Lazzaro: Colui–che–tu–ami. Il motivo della risurrezione di Lazzaro è l’amore di Gesù, un amore fino al pianto, fino al grido arrogante: vieni fuori! Le lacrime di chi ama sono la più potente lente d’ingrandimento della vita: guardi attraverso una lacrima e capisci cose che non avresti mai potuto imparare sui libri. La ribellione di Gesù contro la morte passa per tre gradini:

1. Togliete la pietra. Rotolate via i macigni dall’imboccatura del cuore, le macerie sotto le quali vi siete seppelliti con le vostre stesse mani; via i sensi di colpa, l’incapacità di perdonare a se stessi e agli altri; via la memoria amara del male ricevuto, che vi inchioda ai vostri ergastoli interiori.

2. Lazzaro, vieni fuori! Fuori nel sole, fuori nella primavera. E lo dice a me: vieni fuori dalla grotta nera dei rimpianti e delle delusioni, dal guardare solo a te stesso, dal sentirti il centro delle cose. Vieni fuori, ripete alla farfalla che è in me, chiusa dentro il bruco che credo di essere. Non è vero che «le madri tutte del mondo partoriscono a cavallo di una tomba» (B. Brecht), come se la vita fosse risucchiata subito dentro la morte, o camminasse sempre sul ciglio di un abisso. Le madri partoriscono a cavallo di una speranza, di una grande bellezza, di un mare vasto, di molti abbracci. A cavallo di un sogno! E dell’eternità. Ad ogni figlio che nasce, Cristo e il mondo gridano, a una voce: vieni, e portaci più coscienza, più libertà, più amore!

3. Liberatelo e lasciatelo andare! Sciogliete i morti dalla loro morte: liberatevi tutti dall’idea che la morte sia la fine di una persona. Liberatelo, come si liberano le vele al vento, come si sciolgono i nodi di chi è ripiegato su se stesso, i nodi della paura, i grovigli del cuore. Liberatelo da maschere e paure. E poi: lasciatelo andare, dategli una strada, e amici con cui camminare, qualche lacrima, e una stella polare. Che senso di futuro e di libertà emana da questo Rabbi che sa amare, piangere e gridare; che libera e mette sentieri nel cuore. E capisco che Lazzaro sono io. Io sono Colui–che–tu–ami, e che non accetterai mai di veder finire nel nulla della morte.

---Siamo tutti come ciechi in cerca della luce IV Domenica di Quaresima

Il protagonista del racconto è l'ultimo della città, un mendicante cieco dalla nascita, che non ha mai visto il sole né il viso di sua madre. Così povero che non ha nulla, possiede solo se stesso.

E Gesù si ferma per lui, senza che gli abbia chiesto nulla. Fa un po' di fango con polvere e saliva, come creta di una minima creazione nuova, e lo stende su quelle palpebre che coprono il buio. In questo racconto di polvere, saliva, luce, dita, Gesù è Dio che si contamina con l'uomo, ed è anche l'uomo che si contagia di cielo; abbiamo uno sguardo meticcio, con una parte terrena e una parte celeste.

Ogni bambino che nasce “viene alla luce” (partorire è un “dare alla luce”), ognuno è una mescolanza di terra e di cielo, di polvere e di luce divina. «Noi tutti nasciamo a metà e tutta la vita ci serve per nascere del tutto» (M. Zambrano).

La nostra vita è un albeggiare continuo. Dio albeggia in noi. Gesù è il custode delle nostre albe, il custode della pienezza della vita e seguirlo è rinascere; aver fede è acquisire «una visione nuova delle cose» (G. Vannucci). Il cieco è dato alla luce, nasce di nuovo con i suoi occhi nuovi, raccontati dal filo rosso di una domanda ripetuta sette volte: come ti si sono aperti gli occhi? Tutti vogliono sapere “come”, impadronirsi del segreto di occhi invasi dalla luce, tutti con occhi non nati ancora.

La domanda incalzante (come si aprono gli occhi?) indica un desiderio di più luce che abita tutti; desiderio vitale, ma che non matura, un germoglio subito soffocato dalla polvere sterile della ideologia dell'istituzione. L'uomo nato cieco passa da miracolato a imputato. Ai farisei non interessa la persona, ma il caso da manuale; non interessa la vita ritornata a splendere in quegli occhi, ma la “sana” dottrina. E avviano un processo per eresia, perché è stato guarito di sabato e di sabato non si può, è peccato...

Ma che religione è questa che non guarda al bene dell'uomo, ma solo a se stessa e alle sue regole? Per difendere la dottrina negano l'evidenza, per difendere la legge negano la vita. Sanno tutto delle regole morali e sono analfabeti dell'uomo. Anziché godere della luce, preferirebbero che tornasse cieco, così avrebbero ragione loro e non Gesù.

Dicono: Dio vuole che di sabato i ciechi restino ciechi! Niente miracoli il sabato! Gloria di Dio sono i precetti osservati. Mettono Dio contro l'uomo, ed è il peggio che possa capitare alla nostra fede. E invece no, gloria di Dio è un mendicante che si alza, un uomo che torna a vita piena, «un uomo finalmente promosso a uomo» (P. Mazzolari).

E il suo sguardo luminoso, che passa e illumina, dà gioia a Dio più di tutti i comandamenti osservati!

Gesù e una donna straniera, occhi negli occhi. Non una cattedra, non un pulpito, ma il muretto di un pozzo, per uno sguardo ad altezza di cuore.

Con le donne Gesù va diritto all'essenziale: «Vai a chiamare colui che ami». Conosce il loro linguaggio, quello dei sentimenti, della generosità, del desiderio, della ricerca di ragioni forti per vivere.

Hai avuto cinque mariti. Gesù non istruisce processi, non giudica e non assolve, va al centro. Non cerca nella donna indizi di colpa, cerca indizi di bene; e li mette in luce: hai detto bene, questo è vero.

Chissà, forse quella donna ha molto sofferto, forse abbandonata, umiliata cinque volte con l'atto del ripudio. Forse ha il cuore ferito. Forse indurito, forse malato. Ma lo sguardo di Gesù si posa non sugli errori della donna, ma sulla sete d'amare e di essere amata.
Non le chiede di mettersi in regola prima di affidarle l'acqua viva; non pretende di decidere per lei, al posto suo, il suo futuro. È il Messia di suprema delicatezza, di suprema umanità, il volto bellissimo di Dio.

Lui è maestro di nascite, spinge a ripartire! Non rimprovera, offre: se tu sapessi il dono di Dio. Fa intravedere e gustare un di più di bellezza, un di più di bontà, di vita, di primavera, di tenerezza:

Ti darò un'acqua che diventa sorgente!
Gesù: lo ascolti e nascono fontane. In te. Per gli altri.

Come un'acqua che eccede la sete, che supera il tuo bisogno, che scorre verso altri. E se la nostra anfora, incrinata o spezzata, non sarà più in grado di contenere l'acqua, quei cocci che a noi paiono inutili, invece che buttarli via, Dio li dispone in modo diverso, crea un canale, attraverso il quale l'acqua sia libera di scorrere verso altre bocche, altre seti. «Dio può riprendere le minime cose di questo mondo senza romperle, meglio ancora, può riprendere ciò che è rotto e farne un canale» attraverso cui l'acqua arrivi e scorra, il vino scenda e raggiunga i commensali, seduti alla tavola della mia vita.

Ed è così che attorno alla samaritana nasce la prima comunità di discepoli stranieri. «Venite, c'è al pozzo uno che ti dice tutto quello che c'è nel cuore, che fa nascere sorgenti». Che conosce il tutto dell'uomo e mette in ognuno una sorgente di bene, fontane di futuro. Senza rimorsi e rimpianti. Dove bagnarsi di luce.

In questi nostri giorni "senza" (senza celebrazioni, senza liturgie, senza incontri) sentiamo attuale la domanda della Samaritana: Dove andremo per adorare Dio? Sul monte o nel tempio? La risposta è diritta come un raggio di luce: non su un monte, non in un tempio, ma dentro. In spirito e verità.
Noi restiamo a casa Signore per imparare ad adorati in Spirito e Verita'.

---La Quaresima ci sorprende: la subiamo come un tempo penitenziale, mortificante, e invece ci spiazza con questo vangelo vivificante, pieno di sole e di luce. Dal deserto di pietre (prima domenica) al monte della luce (seconda domenica); da polvere e cenere, ai volti vestiti di sole. Per dire a tutti noi: coraggio, il deserto non vincerà, ce la faremo, troveremo il bandolo della matassa. Gesù prese con sé tre discepoli e salì su di un alto monte. I monti sono come indici puntati verso il mistero e le profondità del cosmo, raccontano che la vita è ascensione, con dentro una fame di verticalità, come se fosse incalzata o aspirata da una forza di gravità celeste: e là si trasfigurò davanti a loro, il suo volto brillò come il sole e le vesti come la luce.

Tutto si illumina: le vesti di Gesù, le mani, il volto sono la trascrizione del cuore di Dio. I tre guardano, si emozionano, sono storditi: davanti a loro si è aperta la rivelazione stupenda di un Dio luminoso, bello, solare. Un Dio da godere, finalmente, un Dio da stupirsene. E che in ogni figlio ha seminato la sua grande bellezza.

Che bello qui, non andiamo via... lo stupore di Pietro nasce dalla sorpresa di chi ha potuto sbirciare per un attimo dentro il Regno e non lo dimenticherà più. Vorrei per me la fede di ripetere queste parole: è bello stare qui, su questa terra, su questo pianeta minuscolo e bellissimo; è bello starci in questo nostro tempo, che è unico e pieno di potenzialità. È bello essere creature: non è la tristezza, non è la delusione la nostra verità.

San Paolo nella seconda lettura consegna a Timoteo una frase straordinaria: Cristo è venuto ed ha fatto risplendere la vita. È venuto nella vita, la mia e del mondo, e non se n'è più andato. È venuto come luce nelle tenebre, e le tenebre non l'hanno vinta (Gv 1,5). In lui abitava la vita e la vita era la luce degli uomini (Gv 1,4), la vita era la prima Parola di Dio, bibbia scritta prima della bibbia scritta.
Allora perdonate «se non sono del tutto e sempre / innamorata del mondo, della vita / sedotta e vinta dalla rivelazione / d'esserci d'ogni cosa (....)/ Questo più d'ogni altra cosa perdonate / la mia disattenzione» (Mariangela Gualtieri). A tutte le meraviglie quotidiane.

La condizione definitiva non è monte, c'è un cammino da percorrere, talvolta un deserto, certamente una pianura alla quale ritornare. Dalla nube viene una voce che traccia la strada: «questi è il figlio mio, l'amato. Ascoltatelo". I tre sono saliti per vedere e sono rimandati all'ascolto. La voce del Padre si spegne e diventa volto, il volto di Gesù, «che brillò come il sole». Ma una goccia della sua luce è nascosta nel cuore vivo di tutte le cose.

---Gli angeli inviati dal Signore per sorreggerci domenica 1 marzo 2020

È bella la Quaresima. Non si impone come la stagione penitenziale, ma si propone come quella dei ricominciamenti: della primavera che riparte, della vita che punta diritta verso la luce di Pasqua. Un tempo di novità, di nuovi, semplici, solidali, concreti stili di vita, a cura della “Casa comune” e di tutti i suoi abitanti.

Dì che queste pietre diventino pane! Il pane è un bene, un valore indubitabile, santo perché conserva la cosa più santa, la vita. Cosa c’è di male nel pane? Ma Gesù non ha mai cercato il pane a suo vantaggio, si è fatto pane a vantaggio di tutti. Non ha mai usato il suo potere per sé, ma per moltiplicare il pane per la fame di tutti. Gesù risponde alla prima sfida giocando al rialzo, offrendo più vita: «Non di solo pane vivrà l’uomo».
Il pane dà vita, ma più vita viene dalla bocca di Dio. Dalla sua bocca è venuta la luce, il cosmo, la creazione. È venuto il soffio che ci fa vivi, sei venuto tu fratello, amico, amore mio, che sei parola pronunciata dalla bocca di Dio per me e che mi fa vivere. Seconda tentazione: Buttati giù dal pinnacolo del tempio, e Dio manderà un volo d’angeli.

La risposta di Gesù suona severa: non tentare Dio, non farlo attraverso ciò che sembra il massimo della fiducia in lui, e invece ne è la caricatura, esclusiva ricerca del proprio vantaggio. Il più astuto degli spiriti non si presenta a Gesù come un avversario, ma come un amico che vuole aiutarlo a fare meglio il messia. E in più la tentazione è fatta con la Bibbia in mano: fai un bel miracolo, segno che Dio è con te, la gente ama i miracoli, e ti verranno dietro. E invece Gesù rimanderà a casa loro i guariti dalla sua mano con una raccomandazione sorprendente: bada di non dire niente a nessuno.

Lui non cerca il successo, è contento di uomini ritornati completi, liberi e felici. Nella terza tentazione il diavolo alza la posta: Adorami e ti darò tutto il potere del mondo. Adora me, segui la mia logica, la mia politica. Prendi il potere, occupa i posti chiave, imponiti. Così risolverai i problemi, e non con la croce. La storia si piega con la forza, non con la tenerezza. Vuoi avere gli uomini dalla tua parte, Gesù?

Assicuragli tre cose: pane, spettacoli e un leader, e li avrai in pugno. Ma per Gesù ogni potere è idolatria. Lui non cerca uomini da dominare, vuole figli che diventino liberi e amanti. Allora angeli si avvicinarono e lo servivano. Il Signore manda angeli ancora, in ogni casa, a chiunque non voglia accumulare e dominare: sono quelli che sanno inventare una nuova carezza, hanno occhi di luce, e non scappano.

Sono quelli che mi sorreggeranno con le loro mani, instancabili e leggere, tutte le volte che inciamperò.

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